Purtroppo con l’avanzare verso la versione definitiva del Recovery Plan italiano, si stanno avverando i nostri peggiori timori: la Natura del nostro Paese non interessa ai nostri governanti, a cominciare da questo finto Ministero dell’Ambiente e al suo ministro fisico-tecnocrate.
Nell’ultima versione, infatti, la biodiversità è totalmente ignorata. La Rete Natura 2000 nemmeno citata, così come ogni riferimento a flora e fauna. I Parchi e le aree protette dimenticate, nessuna risorsa è destinata a esse, fatto salvo per le ormai onnipresenti azioni di monitoraggio e “digitalizzazione”, in questo caso anche dei Parchi nazionali, come se non bastasse il 5G a raffica in città e anche nei borghi minori (vedi campagna di Eolo).
Nessun grande progetto di ripristino della Natura è presente, tranne un programma sul Fiume Po tutto da capire. In compenso, una valanga di opere infrastrutturali: strade, valichi, trafori, impianti sciistici, impianti di rinnovabili senza alcuna pianificazione, il tutto favorito dal prossimo Decreto Semplificazioni, che molto probabilmente depotenzierà le normative di tutela e i vincoli ambientali.
Quello che sta ormai per accadere nel gelido silenzio della maggior parte dell’opinione pubblica e dei principali mass-media (La Rivista della Natura è una delle poche voci fuori dal coro) è in sostanza, come scrive il direttore della LIPU Danilo Selvaggi «l’assalto agli ultimi territori naturali del Paese. Ci hanno provato per trent’anni, ora sono a un passo dal riuscirci. Nel silenzio quasi totale».
Le associazioni ambientaliste stanno cercando l’ultima difesa, attraverso un forte pressing presso la Commissione europea affinchè intervenga, chiedendo almeno una parziale correzione del Piano, e sulla politica italiana, affinché dia qualche segnale di opposizione. Purtroppo, salve qualche raro caso personale isolato, tutti i partiti (a parte i microscopici Verdi italiani) sembra assolutamente snobbare questo tema. Come se fosse una cosa marginale, un dettaglio.
Come se la protezione della Natura e del paesaggio italiano si potesse risolvere solo con la tecnologia, con l’elettrificazione e la digitalizzazione a tappeto, continuando a distruggere animali e habitat, a tagliare foreste, ad artificializzare fiumi, a spianare colline.
La stoltezza, l’ignoranza e la pochezza culturale e di animo della nostra classe dirigente, a tutti i livelli, ha raggiunto in questi anni un degrado mai visto prima. E non solo nei ministeri romani. Un ulteriore testimonianza di ciò, questa volta a livello regionale, è stato il caso di pochissimi giorni fa, in cui tutte le Regioni si sono riunite con urgenza per deliberare pressocchè all’unanimità (unico a opporsi l’assessore all’Ambiente della regione Calabria, l’ex-capitano Ultimo Sergio De Caprio) di non concedere alcuna tutela alla tortora selvatica, specie in forte declino. Ennesimo segnale di come una piccola lobby ben organizzata (i circa 600mila cacciatori) possa ancora fare il bello e il cattivo tempo in campo ambientale ignorando la sensibilità di milioni di italiani.
Che continuano a stare colpevolmente zitti.
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