Negli ultimi anni si è affermato un nuovo modo di fare giardinaggio: condiviso, urbano, etico. Lo rivela un report di Euromonitor International, che delinea il profilo del nuovo appassionato di orti e giardini.
Nel 2015 a livello globale sono stati spesi circa 84 miliardi di dollari per la cura di piante e fiori, l’11 per cento in più negli ultimi 5 anni. La cifra è destinata a salire ancora secondo gli analisti, fino a raggiungere gli 88 miliardi nel 2020. L’Italia, dopo tre anni di calo degli acquisti, ora è il quinto mercato al mondo dietro a Stati Uniti, Germania, Francia e Inghilterra. Lo scorso anno abbiamo speso 3,4 miliardi di euro per fare giardinaggio.
La tendenza contagia anche i giovani, i cosiddetti Millennials, nati dopo il 1980, che però si avvicinano a questa antica passione assecondando nuove sensibilità: rifiutano i concimi chimici, preferiscono verdure e frutta organici e s’ingegnano per sviluppare il loro pollice verde anche in pochissimi metri quadrati.
Le giovani famiglie spesso non hanno a disposizione uno spazio sufficiente per accogliere piante, prati, orti e giardini, tuttavia non vogliono rinunciare a mettere le mani nella terra. Nasce così la figura del giardiniere urbano. La condivisione di fazzoletti verdi è favorita anche da molti Comuni italiani che mettono a disposizione aree pubbliche da trasformare in orti profumati e giardini fioriti.
Anche molte nuove costruzioni in città prevedono già in fase di progetto la realizzazione di orti e giardini condominiali da gestire in modo sostenibile. Questo fenomeno favorisce la costruzione di comunità solidali, concorre a valorizzare il territorio e diventa anche uno straordinario strumento di presidio e manutenzione del bene pubblico.
È un ritorno alle origini, ma senza forme nostalgiche. I neo giardinieri preferiscono i sistemi naturali a quelli chimici per coltivare le loro piante e ortaggi, ma si appropriano anche di tutta la tecnologia applicata al settore per evitare ogni genere di spreco.
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