Era una giornata di primavera quando mi si presentò in ambulatorio un signore sulla cinquantina, brizzolato, vestito in giacca e cravatta, probabilmente era appena uscito dal lavoro. Insomma una persona che poteva passare benissimo inosservata. Era seduto, in maniera composta, in sala d’attesa senza animale o trasportino, da solo. A volte capita, spesso sono persone che vengono a ritirare i referti degli esami o a chiedere di prescrivere delle ricette.
“Buonasera, come posso aiutarla?” dissi io in tono sbrigativo, siccome era quasi orario di chiusura e avevo fretta. “Dottore, mi serve il suo aiuto. Il mio certosino credo sappia parlare. O meglio, mia figlia lo sostiene”. “Ma qual ‘è il problema?” dissi io tra lo stupito e l’annoiato. “Eh, dottore, ma è normale che un gatto parli? Io sono preoccupato”. Risposi che i gatti non sanno parlare e che probabilmente era un mutamento della voce quello che lui e la figlia avevano sentito.
L’indomani, con mia incredulità, si presentò di nuovo il padrone del gatto parlante. “Lei non ci può credere dottore. Stamane ho dato i croccantini preferiti a Kitty e ha ripetuto – miamma- a me! Dottore, mia figlia aveva ragione perché il mio gatto parla sul serio! Ma ora mi sorge un dubbio…”. Io, basito, gli feci comunque cenno di proseguire e raccontarmi questo dubbio amletico. “Siccome mi ha detto – miamma – ma sono un uomo, non è che è cieco e mi ha scambiato per mia figlia?”.
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