Questa volta parliamo del capodoglio e dell’insospettabile, quanto sorprendente, sistema impiegato per catturare le proprie prede. Ma prima di svelarlo, andiamo con ordine.
Le nostre vite cittadine sono scandite dal rumore di traffico, smartphone che squillano, musica. Se vogliamo rilassarci andiamo alla ricerca di ambienti silenziosi, che abbiamo suoni rilassanti come il rumore delle foglie mosse dal vento, il cinguettio degli uccelli o il frinire dei grilli. Esistono, però, alcuni animali che possono produrre suoni particolarmente potenti in grado di stordire e addirittura uccidere!
Ma prima di tutto: come misurare un suono?
I suoni sono analizzati prendendo in considerazione alcune caratteristiche quali la frequenza – cioè numero di oscillazioni al secondo il cui valore è espresso in Hz (hertz) – e l’intensità sonora, che definisce il volume espresso in dB (decibel).
Una frequenza bassa è tipica degli strumenti gravi, quali il contrabbasso o il basso tuba mentre i suoni ad alta frequenza vengono emessi da strumenti acuti come il flauto o il triangolo.
L’intensità di un suono definisce la sua potenza acustica quindi il sussurrare delle foglie mosse dal vento avrà una bassa intensità, mentre il suono di un concerto rock a poca distanza dalle casse avrà una forte intensità.
Cosa fa la natura
Alcuni animali sono in grado di superare in intensità il rumore di un jet in partenza e per produrre un tale suono è necessario un organismo altrettanto imponente. Stiamo parlando del capodoglio (Physeter macrocephalus) capace di produrre suoni a 190 dB (un motore a reazione arriva a 140 dB).
La sua evoluzione ha fatto sì che le narici si specializzassero divenendo asimmetriche. La narice sinistra ha una funzione respiratoria e la narice destra è specializzata nel produrre suoni attraverso le labbra foniche. Queste ultime al passaggio forzato dell’aria iniziano a vibrare. Il suono così prodotto non si propaga in avanti come sarebbe logico pensare ma torna indietro attraversando lo spermaceti, un organo localizzato in una concavità esterna del cranio che costituisce il 10% del peso dell’animale e che, grazie alla sua forma quadrangolare, conferisce al capodoglio un aspetto inconfondibile.
Lo spermaceti ha una funzione idrostatica, cioè cambiando di densità permette all’animale di spostarsi in senso verticale ma serve anche a convogliare le onde emesse dall’animale come fosse la lente di un obiettivo fotografico.
Il suono prodotto dalle labbra foniche poste nella parte terminale del capo viaggia all’indietro nello spermaceti per poi essere riflesso e cambiare direzione, fuoriuscendo alla fine dalla parte frontale inferiore del muso.
Un cannone acustico?
Sapete a cosa serve tutta questa complessità? È l’arma usata dai capodogli per cacciare i calamari giganti, le loro principali prede. Dapprima scendono a grandi profondità, dopodiché si girano a pancia all’insù e cominciano ad emettere i loro click sonori e come un ecoscandaglio sondano le profondità del mare. Non appena percepiscono il riflesso proveniente dalla loro preda intensificano la frequenza di emissione dei click. Più si avvicinano e più la frequenza aumenta consentendo loro di stabilire con estrema precisione la posizione del calamaro (ecolocalizzazione). Quando sono a portata di bocca spalancano le fauci e il pasto è catturato.
Secondo alcuni studi (Kenneth S. Norris and Bertel Mohl, 1983) sembra che la forte intensità dei click stordisca i calamari e li induca ad aumentare la loro bioluminescenza rendendoli più visibili.
Dall’analisi dei sonogrammi, come il professore Gianni Pavan mi raccontava in una delle nostre chiacchierate, si può determinare la dimensione di un capodoglio calcolando il tempo che intercorre tra il primo click e il suo eco all’interno dello spermaceti. Maggiore è il tempo tra i due click e più grande è l’animale.
“Dedichiamo questo articolo al professor Gianni Pavan, tra i massimi esperti di acustica dei cetacei, scomparso a maggio del 2023”.
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