Il progressivo abbandono delle pratiche di agricoltura e pastorizia nei territori dell’arco alpino ha permesso una rigenerazione naturale delle foreste e il ritorno nei boschi di molte specie di mammiferi. In parallelo, però, sono aumentate le attività turistiche e ricreative all’aria aperta, creando una situazione di disturbo alla fauna selvatica, che mostra una tendenza a spostare nelle ore notturne la maggior parte della propria attività per evitare il contatto e la vicinanza con l’uomo.
Come reagiscono gli animali selvatici alle montagne sempre più affollate? Ci sono effetti collaterali sulla biodiversità?
La rivista scientifica internazionale di sostenibilità ambientale Ambio ha pubblicato una ricerca del MUSE – Museo delle Scienze di Trento – e dell’Università di Firenze intitolata “Crowded mountains: Long-term effects of human outdoor recreation on a community of wild mammals monitored with systematic camera trapping” che fa luce su questo tema.
Lo studio ha utilizzato 60 fototrappole in modo sistematico a partire dal 2015 in un’area delle Dolomiti del Trentino occidentale altamente frequentata da escursionisti, al fine di rilevare i passaggi di animali e persone.
«Le oltre 500mila foto raccolte in 7 anni di ricerca (dal 2015 al 2022) mostrano che il tasso di passaggio umano di fronte alle fototrappole è stato 7 volte superiore a quello della specie selvatica più comune nell’area, la volpe, e addirittura 70 volte superiore a quello dell’orso, la specie che è risultata più raramente fotografata» spiega Marco Salvatori, dottorando dell’Università di Firenze in collaborazione con il MUSE e primo autore dello studio.
Le specie studiate hanno mostrato una presenza stabile e in alcuni casi in crescita, nonostante la frequentazione umana molto intensa.
Però le 8 specie considerate (orso, cervo, camoscio, capriolo, tasso, volpe, lepre e faina) in conseguenza del disturbo provocato dalla presenza delle persone sono diventate più notturne e hanno esibito anche una chiara tendenza a evitare di frequentare le zone in cui il passaggio umano è più intenso.
Quindi gli animali selvatici mettono in atto tutte le strategie a loro disposizione per minimizzare le probabilità di incontro con le persone.
Gli aspetti negativi dei cambiamenti comportamentali
Questi cambiamenti di abitudini costituiscono per gli animali selvatici potenziali svantaggi in termini di maggiori difficoltà di movimento, una regolazione non ottimale della temperatura corporea, la frequentazione di aree meno ricche di risorse alimentari.
«La tendenza a una maggiore notturnalità è una risposta comportamentale comune a molti mammiferi esposti alla presenza di grandi numeri di persone. Se, da parte degli animali, l’impegno a evitare il contatto con gli esseri umani è notevole, ora sta anche a noi umani fare attenzione adottando alcune misure per limitare l’accesso ad alcune aree dei Parchi naturali nei periodi dell’anno più delicati per la fauna» afferma Francesco Rovero, docente di ecologia dell’Università di Firenze e coordinatore dello studio.
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