Personalmente non mi occupo di meteorologia, se non per conoscere il clima che mi aspetta alla prossima gita in bicicletta, ma da semplice osservatore mi sembra di non sbagliare dicendo che, fino a questo momento, il 2017 è stato un anno molto asciutto e decisamente caldo. Ciò non toglie che, per fortuna, almeno nel Nord Italia, l’acqua nei campi non manca: le risaie, sempre più numerose, sono state regolarmente inondate, nei nostri grandi canali, scorre rigogliosa e abbondante acqua, i campi di mais vengono puntualmente bagnati a pioggia da possenti impianti d’irrigazione.
Ma chi patisce la sete veramente sono i poveri ciclisti amatoriali!
Le pubbliche fontane sono (ormai) praticamente quasi estinte, e delle poche che ancora s’incontrano lungo la via, la metà non eroga nulla.
Per uno come me, che pedala d’estate e d’inverno, ma preferibilmente col sole, quando fa così caldo, come in questo periodo, l’acqua della borraccia – arricchita di sali minerali per evitare la disidratazione –, aiuta, ma non basta. La vera goduria è potersi sfilare il casco arroventato, e far scorrere l’acqua fresca sulla testa, sul collo e sulle braccia, per avere un po’ di sollievo. Ripresa la corsa l’aria sulla pelle farà rapidamente evaporare l’umidità residua, ma produrrà un senso di freschezza e di benessere, nella speranza di poter ripetere l’operazione almeno di tanto in tanto.
Invece, sto diventando un rabdomante alla ricerca di una fonte d’acqua.
I parchi pubblici non hanno più le classiche fontane verdi, gli angoli delle piazze nelle vicinanze delle Chiese neppure. Mi tocca frequentare i cimiteri, per trovare un po’ d’acqua utilizzata per innaffiare i fiori sulle sepolture, ma non sempre gli orari di apertura coincidono con le necessità idriche del ciclista.
Quando sono disperato e sulla soglia di sublimazione, azzardo l’esproprio proletario, chiedendo ad un privato se posso bagnarmi alla sua canna per irrigare il giardino.
Purtroppo questa penuria di fonti pubbliche lungo la via non riguarda soltanto la pianura o la collina, ma persino in montagna l’acqua è introvabile.
Sabato scorso mi sono arrampicato per una impegnativa salita che dal Lago d’Idro mi ha portato fino a 2000m s.l.m. passando per il Passo del Baremone, il Passo di Maniva ed il Passo Croce Domini. Ho intravisto laghi e laghetti, ho sentito scorrere fiumi d’acqua dietro paratie ermetiche, ma in 85 chilometri di percorso in alta montagna, ho incontrato un’unica fontana/abbeveratoio dopo aver percorso 38 km di salita a secco con 30 gradi di temperatura!
Ma le bestie al pascolo non bevono più, o forse le dissetano a Red Bull così producono latte con le ali?
Nella vicina Svizzera, ogni paese ha la sua fontana, più meno antica, che riversa acqua copiosa e abbellisce la piazza del borgo.
Quale perversa macchinazione ha fatto si che da noi le fontane siano quasi sparite: si teme di togliere lavoro ai bar? O non si è in grado di garantire la qualità dell’acqua erogata? O, forse, si vuole risparmiare sullo spreco del prezioso liquido. Nel qual caso i nostri amministratori ci mettano un banale rubinetto a pressione, ma ci diano la possibilità di (poter) bere e rinfrescarci. Certamente costa meno mantenere una fontana che costruire chilometri di piste ciclabili di fianco alle stradine di campagna di paesi senza traffico, che non portano da nessuna parte. Se non ad intascare i contributi europei.
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