“L’artista è il creatore di cose belle”, scriveva Oscar Wilde nella prefazione de “Il ritratto di Dorian Gray”.
Pierre Brassau, un pittore degli anni ’60, doveva aver colto in pieno l’essenza di questa sintetica definizione, infatti era una scimmia.
Uno scimpanzé per il quale la definizione di artista, come capirete dalla storia, non è affatto una forzatura.
Nel 1964 a Göteborg in Svezia, le opere di un artista mai sentito prima di allora furono esposte in una mostra. Erano opere rabbiose ma allo stesso tempo eleganti, vagamente alla Pollock per intenderci, tanto che i critici d’arte non tardarono a scrivere numerose recensioni lusinghiere nei confronti dell’autore, Pierre Brassau.
Fu definito: “un artista che si esibisce con la delicatezza di un ballerino”.
Ma Pierre Brassau non era altro che lo pseudonimo di Peter, uno scimpanzé ospite dello Zoo di Boras chiamato in causa da Åke Axelsson, un giornalista svedese che pianificò questa provocazione per contribuire al dibattito sull’identità dell’artista.
Quanto sono umani gli scimpanzé, in certi casi. Di recente sono state scoperte delle potenziali abilità culinarie, o la capacità di pianificare il futuro, cose che consideriamo emblemi del nostro umano livello di sviluppo. Ormai gli scimpanzé pittori non sono più una novità, ma la storia di Pierre Brassau è un aneddoto intramontabile.
Solo un critico, probabilmente grazie al suo notevole cinismo, colse prima degli altri l’essenza delle opere di Peter: “Soltanto una scimmia potrebbe averlo fatto”.
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