La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.
Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l’alligatore, la trichina e il tafano
vivono come vivono e ne sono contenti.
Il cuore dell’orca pesa cento chili
ma sotto un altro aspetto è leggero.
Non c’è nulla di più animale
della coscienza pulita
sul terzo pianeta del Sole.
Wisłava Szymborska
Abbiamo scoperto da moltissimi anni oramai che un gran numero di animali è molto attento al proprio status sociale e alcune specie tengono in modo particolare al proprio aspetto fisico. Tuttavia l’essere umano batte tutti, in quanto ossessionato dalla considerazione della propria posizione o del proprio ruolo all’interno della famiglia, del lavoro, del gruppo di amici, di quello che pensano gli altri e così via. In questo forse lo riconosciamo come specie dominante. Entrano in gioco soprattutto i rimproveri che facciamo a noi stessi, le autocritiche, tutti meccanismi che possono anche essere utili se non sono paranoici. Quante riserve abbiamo nei nostri confronti o verso gli altri?
I problemi seri sorgono quindi nel momento in cui qualcosa o, ancora meglio, qualcuno intacca la nostra immagine, peggio se in presenza di altre persone, reali o virtuali. È come se ci fosse sempre una frenetica corsa a chi fa meglio di altri, a chi esegue una performance migliore, a chi produce di più; in questo clima è quasi scontato che ciascuno possa rischiare di essere ossessionato dai rimpianti, dai rimproveri verso di sé o gli altri e tutto ciò conduce l’uomo a non essere contento di come vive.
Tra gli altri esseri viventi, nulla di tutto questo
Tralasciando la superiorità delle piante in questo settore, la poetessa Szymborska coglie degli elementi primari del mondo animale. Il rimprovero, il dubbio della propria bontà, avere sempre incertezze e riserve, l’infelicità sono del tutto estranei agli animali, forse perché semplicemente essi vivono come vivono e ne sono contenti, mantenendo sempre la loro essenza, la loro “animalità”.
Inoltre, mentre noi desideriamo sempre essere qualcun altro, il cervo non desidera essere lupo così come il rospo non desidera essere tigre.
Troppe volte confondiamo l’esame di coscienza con una tortura inquisitoria della coscienza; pensare agli errori fatti dovrebbe servire per correggersi e rialzarsi, non per tormentarsi.
Meglio di ogni altro spunto parla l’immagine della poesia: il cuore dell’orca, pur essendo pesante, è leggero.
Perché risulta insopportabile il bracconaggio? Perché sono meschini i cacciatori che abusano di alcuni permessi e cacciano specie protette o approfittano della fragilità di alcuni esemplari? Per quale motivo ci commuoviamo di fronte alle balene ingiustamente cacciate? Forse perché gli animali sono e saranno sempre innocenti.
Non ingenui, innocenti; perché appartenenti a un mondo primordiale che non hanno mai dimenticato, a differenza dell’uomo. Gli animali sono senza malizia, senza ferocia o crudeltà, essi sono loro stessi e in un certo qual modo restano fedeli a quel progetto che è la Creazione, la Natura.
Probabilmente il consiglio di questi versi è proprio quello di imparare dagli animali ad essere più noi stessi, a non essere ossessionati da un qualche status sociale e non esagerare con i rimproveri.
Negli ultimi tempi molti con le più disparate modalità hanno cercato di far passare questi messaggi, paragonando la semplicità e l’innocenza degli animali con la nostra bassezza e con la nostra capacità di rendere sempre tutto così difficile. In fondo è poco complicato, basta contentarsi della vita stessa ed essere consapevoli che:
“Non c’è nulla di più animale / della coscienza pulita / sul terzo pianeta del Sole”.
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