L’olio alimentare esausto che abbiamo utilizzato per cucinare, ma anche quello del cibo in lattina e delle conserve, se non viene recuperato correttamente, è un grande inquinante. Per questo non va mai versato nel lavandino, nello scarico del WC, sul terreno e men che meno in mare.
Pensate che basta un litro di olio per inquinare 1.000 mq di acqua. La sottile sottile pellicola impermeabile che si espande sulla superficie del mare impedisce l’ossigenazione, causando gravi danni all’habitat e alle specie.
L’olio alimentare esausto è anche responsabile dell’inquinamento dei terreni, per non parlare dei danni che causa alle reti fognarie e degli ingenti costi di depurazione che le Amministrazioni, e quindi i cittadini, devono sostenere.
Da rifiuto a risorsa. L’esperienza del Lazio
Come molti rifiuti, anche l’olio esausto può diventare una preziosa risorsa.
Infatti, l’olio alimentare esausto si può riciclare al 100% e può essere impiegato per la produzione di biodiesel, di biolubrificanti e in impianti di cogenerazione.
Nel Lazio, la Regione e il Consorzio Ren Oils hanno firmato un protocollo di intesa per la raccolta di oli e grassi animali e vegetali esausti in 45 piccoli comuni della Regione.
Piccoli Comuni, ma “ricicloni”
All’iniziativa hanno aderito ben 46 Comuni con meno di 5.000 abitanti (18 in provincia di Roma, 14 in provincia di Rieti, 7 in provincia di Viterbo, 5 in provincia di Frosinone e 2 in provincia di Latina) a cui sono stati forniti complessivamente 79 contenitori per raccogliere l’olio di scarto prodotto dai cittadini.
I 9 Comuni che hanno avviato la raccolta già nel 2020 hanno recuperato in media circa 300 litri di olio esausto ciascuno, che sono arrivati fino a 800 litri nel comune di Castrocielo.
«Ci auguriamo che i Comuni in cui la raccolta è stata da poco avviata possano fare gli stessi numeri incredibili dei 9 Comuni andati a regime lo scorso anno – ha dichiarato Ennio Fano, Presidente di RenOils. – Per avere un quadro completo della raccolta dobbiamo attendere giugno-luglio in quanto gli svuotamenti dei contenitori hanno cadenza periodica».
Primo caso in Italia
L’iniziativa conferma la buona volontà da parte dei Comuni ma soprattutto dei cittadini nel voler essere parte attiva nel processo di economia circolare e nella tutela dell’ambiente.
«È il primo caso del genere in Italia ma soprattutto, il primo protocollo che parte proprio dai piccoli Comuni. Ha dichiarato Cristiana Avenali, Responsabile Piccoli Comuni della Regione Lazio -. Ancora una volta un bel lavoro di squadra ha pagato, nonostante le difficoltà riscontrate a causa della drammatica pandemia che stiamo vivendo e i nostri piccoli Comuni hanno confermato di essere oltre che comuni “ricicloni”, dei veri e propri laboratori di sostenibilità capaci di dare concretamente un contributo allo sviluppo della raccolta differenziata, alla riduzione della produzione di rifiuti e all’attivazione dell’economia circolare. Un’azione semplice ma non scontata, importante anche per diminuire l’inquinamento».
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