Dopo quarant’anni l’orso Grizzly (Ursus arctos horribilis) esce dalla lista degli animali a rischio e che godono quindi di tutele speciali a livello federale.
Da una parte la notizia cela un fatto positivo – la popolazione di Grizzly è cresciuta e non più a rischio – ma, dall’altro, rischia di vanificare decenni di conservazione.
L’esclusione dalla lista significa che se i plantigradi dovessero lasciare l’area protetta di Yellowstone potrebbero anche essere cacciati, se considerati una minaccia per gli allevamenti.
Il perché della scelta
Il provvedimento è stato annunciato dal Dipartimento dell’Interno solo negli scorsi giorno, ma la scelta di declassificare l’orso Grizzly dalle specie protette era stata presa un anno fa dall’amministrazione Obama.
Ryan Zinke, segretario dell’interno, ha definito l’uscita dell’orso dalla lista degli animali a rischio come uno dei grandi successi e il culmine di decenni di conservazione.
Attualmente sono 700 i Grizzly che popolano il parco di Yellowstone. L’aumento della popolazione, di recente, è stato visto come la causa del declino della presenza sul territorio di pini dalla corteccia bianca (Pinus albicaulis), di cui i Grizzly sono molto ghiotti.
La rabbia delle tribù native
L’annuncio è stato colto con sfavore dai gruppi ambientalisti, che temono un rapido calo della specie. Alla protesta si sono aggiunte anche 123 tribù di nativi, per le quali l’orso Grizzly ha un’importante valenza simbolica e culturale. «Le istituzioni ci hanno detto più volte che ci sarebbe stato un confronto a riguardo con i rappresentati delle tribù, ma così non è stato», ha spiegato il portavoce della tribù Hopi, Ben Nuvamsa, che ha ricordato come l’orso Grizzly sia al centro di tante delle leggende dei nativi e che, per questo, gode di una considerazione particolare per le tribù.
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