Sin dall’antichità la teoria della generazione spontanea ebbe un grande seguito tra scienziati e studiosi e fu considerata la più attendibile spiegazione sull’origine di forme di vita considerate ai tempi “inferiori” come mosche, vermi o funghi. In pratica, secondo tale convinzione, questi organismi avevano origine direttamente dal fango, dalla carne in putrefazione o dalla frutta marcescente, poiché questi elementi avevano in sé una “natura vitale”. Aristotele fu un convinto sostenitore di questa teoria, così come il celebre architetto romano Vitruvio (I sec. A.C.). Quest’ultimo, convinto che i venti provenienti da sud e da ovest potessero favorire la comparsa di larve degli insetti che si nutrono di carta, suggerì di costruire le biblioteche con gli ingressi rivolti a est, per proteggere i libri e permettere ai lettori di godere della luce del mattino.
Col passare dei secoli la teoria iniziò a vacillare. Lo scienziato inglese William Harvey (1578-1657) fu uno dei primi a sostenere che la vita si originasse sempre da altri organismi: in certi casi, le uova o gli embrioni potevano essere talmente piccoli da risultare invisibili all’occhio, ma erano comunque presenti. Celebre fu la sua frase “Omnia ex ovo”, tutto ha origine dalle uova. Ma il primo, forte colpo all’antica credenza fu per merito di un medico italiano, l’aretino Francesco Redi (1626-1698). Lo scienziato fece un semplicissimo esperimento: pose alcuni pezzi di carne alternativamente in barattoli chiusi e aperti. Soltanto in questi ultimi, dopo qualche giorno, apparvero delle larve di mosca: si erano generate da uova deposte dagli insetti adulti, solo là dove, evidentemente, erano potuti arrivare.
Con l’avvento della microscopia e la scoperta dei microorganismi, però, la teoria ebbe ancora linfa vitale: la nuova convinzione fu quella che batteri, protozoi e altri esseri microscopici potessero nascere direttamente dalla materia. A chiudere definitivamente la questione fu il grande Louis Pasteur che, nel 1864, vinse un premio messo in palio dall’Accademia delle Scienze di Parigi, per chiunque risolvesse una volta per tutte la questione. Il chimico francese utilizzò delle bolle di vetro contenenti un infuso di acqua e fieno, che fece bollire per sterilizzarlo. Le bolle, progettate in modo da avere un sottile collo ripiegato, permettevano il passaggio dell’ossigeno ma bloccavano spore e altri contaminanti. Nelle bolle non si generò alcun tipo di vita e la teoria della generazione spontanea fu così definitivamente archiviata come una folcloristica reminiscenza del passato.
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