Negli ultimi tempi capita sempre più spesso di leggere libri o di trovare corsi, seminari, stage, dedicati all’ ”arboreo-terapia”, ovvero la cura di sé stessi attraverso gli alberi. Con le metodologie più fantasiose numerosi autori, per lo più di origine statunitense o germanica, propongono di abbracciare tronchi, sedersi appoggiati ad essi con la cervicale e fare particolari meditazioni, camminare nei boschi a varie ore del giorno e della notte magari a piedi nudi (aspetto, quest’ultimo, che ci sentiamo di sconsigliare), sdraiarsi tra le foglie e farsi coprire da esse, svolgere vari tipi di esercizi e respirazioni a contatto con le nostre care piante, per curare varie patologie, come stress, paure, dolori fisici vari…
Tutti momenti belli e utili, probabilmente in grado di alleviare più che risolvere i veri problemi che stanno a monte di vari disagi. Tuttavia noto una recente tendenza alla bassa commercializzazione di alcune di queste iniziative, con una certa improvvisazione e superficialità da parte di vari “esperti”. Non basta essere appassionati di alberi per diventare un terapeuta verde: occorre vera conoscenza, sensibilità, profondità di visione e di dialogo con il mondo del vivente e di solito chi ha queste qualità le offre in modo più o meno disinteressato senza farsi troppa pubblicità.
Soprattutto mi sono sempre chiesto come mai, a fronte di un filone di questo tipo che cerca di curare l’uomo attraverso gli alberi, non se ne sia sviluppato uno altrettanto diffuso e alla moda dove sia l’uomo a curare gli alberi. Forse perché gli alberi non pagano? E non parlo di figure tecnico-professionali come dendrologi o fitopatologi, che ovviamente esistono da tempo, ma appunto di un approccio diffuso dove tutti, in teoria, potrebbero usare le medesime modalità animico-percettive per alleviare le numerose patologie e soprattutto la sempre maggiore perdita di vitalità che stanno affliggendo i nostri amici verdi.
Anche perchè, ne sono sempre più convinto, l’Uomo è sintesi armonica ed elemento di risonanza di tutte le forze che esistono nell’universo, unione speciale di micro e macrocosmo, e pertanto porta in sé tutte le potenzialità per curare sé stesso ma anche la Natura tutta, che gli è stata affidata. Almeno varrebbe la pena provarci, cominciando da un aumentato rispetto e dalle pratiche che più direttamente si relazionano con il mondo naturale. Come, ad esempio, l’agricoltura.
Da Zarathustra ai giorni d’oggi
Ricordo che si narra che il mitico saggio-sacerdote Zarathustra, uno dei primi fondatori dell’agricoltura oltre 8.000 anni fa, consentiva di arare la terra solo a persone adeguatamente preparate, soprattutto sul piano interiore, e utilizzando solo aratri rivestiti d’oro!
Oggi una delle poche persone, in Italia, che si fa portatore di questo tipo di approccio è il ricercatore Enzo Nastati, dell’Istituto Eureka di Codroipo (UD), che da tempo ha sviluppato un metodo chiamato Trinium che utilizza elementi provenienti dalla biodinamica, dall’omeopatia e da ricerche inedite. Enzo di recente ne ha inventata un’altra: un tecnica di particolare massaggio energetico dei tronchi degli alberi, attraverso il quale stimola il circolo linfatico e la vitalità delle piante. Una tecnica apparentemente semplice, ma che richiede due qualità fondamentali non proprio comuni: piena coscienza di sé e amore. E’ infatti ormai evidente che non si può fare fuori di noi qualcosa che prima non si è fatto e maturato dentro di noi: pertanto l’operatore non è affatto una variabile ininfluente nei processi legati ai sistemi viventi.
Ecco allora che sarebbe urgente imparare a diventare terapeuti della Natura stessa, senza però dimenticare di lavorare, con perseveranza e umiltà, anche su sé stessi.
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