Di solito ogni essere umano si considera una creatura a sé stante e non una sorta di ecosistema che – proprio come una foresta o un lago, ma anche come una grande balena o un elefante –, ospita su di sé e al suo interno migliaia di altre creature, che vivono in stretto equilibrio con il proprio ospite, condizionandone in molti casi la vita e rimanendone a loro volta influenzati.
Naturalmente parliamo per lo più di creature molto piccole o addirittura invisibili a occhio nudo, pur con qualche eccezione. Acari, batteri, funghi, vermi, protozoi e virus costituiscono la maggior parte di questi organismi, che possono essere semplici commensali o anche diventare, in alcune situazioni, veri e propri parassiti. In quest’ultimi casi possiamo trovare specie particolarmente “ingombranti”, come i vermi dei bambini (Hymenolepis nana) o la famosa Tenia o verme solitario (Taenia saginata), che può essere lunga anche diversi metri (da notare che, sulla base degli ultimi studi epidemiologici, si ritiene che i vermi umani colpiscano l’80% della popolazione adulta).
Nel complesso comunque sono oltre 10 mila le specie che compongono questa particolare zoocenosi umana, con cui conviviamo quotidianamente e che costituiscono circa il 3% del peso totale del nostro corpo (ovvero almeno una massa di 2-3 kg in un maschio adulto).
Grazie al Progetto internazionale Microbioma Umano (Hmp), durato oltre cinque anni di studi, è stata ormai da tempo realizzata la prima mappa dei microrganismi che vivono nel corpo umano, il cosiddetto “microbioma”. Che si trova soprattutto nell’intestino, ma non solo: anche sulla pelle, sotto le unghie, sul cuoio cappelluto, in bocca, in bronchi e polmoni, nella vagina ed in misura minore in altre parti del corpo, per un totale di almeno 18 “siti” intra ed extracorporei. Nel complesso si stima in migliaia di miliardi il numero di tali microrganismi, che superano addirittura di gran lunga, come vedremo più avanti, il numero delle cellule umane.
La composizione di queste comunità di microrganismi è, infatti, assai varia e abbondante e le specie che la compongono – così come il numero dei loro individui (consistenza di popolazione) – possono variare notevolmente, non solo da persona a persona, ma anche da sito a sito su un singolo soggetto. Le differenze etniche e di razza, così come quelle ambientali e di alimentazione, contribuiscono a questa varietà ma, rilevano i ricercatori, è interessante notare che nonostante le differenze nei microrganismi, essi nel complesso svolgono ovunque le medesime mansioni metaboliche.
Si pensa che queste comunità abbiano un ruolo cruciale per la salute e per la sopravvivenza umana.
Questa conclusione è emersa approfondendo la composizione e il ruolo del cosiddetto bioma intestinale. Gli studi più recenti stimano in oltre 100 trilioni i microbi che vivono in quell’ambiente oscuro e quasi privo di ossigeno che è il nostro intestino, ovvero un numero quasi uguale a quello di tutte le cellule del nostro corpo, inclusi i globuli rossi. Se mettessimo insieme questa massa di microrganismi che prolifera nel nostro intestino dandogli la forma di un organo, esso finirebbe col pesare da 0,9 a 2,7 chili, rispetto al cervello che ne pesa in media 1,2. In tal senso gli studiosi hanno definito il bioma intestinale come un vero e proprio “organo dimenticato”. Tra l’altro le circa 1000 specie di batteri che lo compongono sono portatori di più di 7 milioni di geni, in un rapporto di circa 360 geni batterici per ogni gene umano. Ciò significa che in realtà meno dell’1% dei geni umani e di quelli microbiotici combinati (il cosiddetto ologenoma) è di origine umana!
Ed è proprio grazie alla presenza di questi microrganismi “alieni” che in realtà molti organi umani possono espletare al meglio le proprie funzioni, in una sorta di simbiosi che si è creata e sempre più perfezionata nel corso di milioni di anni. I batteri che vivono nel tratto intestinale, per esempio, permettono di digerire il cibo e assorbire sostanze nutritive, scomponendo gran parte delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati nella nostra dieta, che altrimenti non potremmo assimilare. Inoltre producono varie sostanze benefiche, come le vitamine e anti-infiammatori che il nostro organismo non può sintetizzare.
In tal senso possiamo allora facilmente immaginare i danni o almeno le difficoltà che può incontrare il nostro bioma intestinale nell’adattarsi, nell’arco di pochi decenni, per esempio a una dieta completamente nuova (quella moderna da fast food a base di proteine, grassi e carboidrati), dopo millenni di alimentazione da cacciatore-raccoglitore. E forse non è un caso il continuo aumento di patologie legate, ad esempio, al sistema gastroenterico, che tra l’altro si è scoperto di recente essere avvolto da un complesso sistema nervoso autonomo.
Secondo questo nuova chiave di lettura che, potremmo definire “ecosistemica”, dell’anatomia e della fisiologia umana, noi siamo realmente dei super-organismi, composti da elementi umani, ma anche da altri microbici extraumani tra loro strettamente connessi, inseparabili e dipendenti gli uni dagli altri per la loro sopravvivenza. E la conoscenza di questi complessi rapporti è solo all’inizio e promette molte altre nuove scoperte sul funzionamento dell’ “ecosistema umano”.
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