Per quanto inusuale possa sembrare l’immagine di una elegante signora vittoriana in viaggio nelle terre inesplorate dell’Africa occidentale, c’è stata una personalità di quell’epoca che la ha impersonata nella realtà. Si è trattato di Mary Henrietta Kingsley (1862-1900), una esploratrice e scrittrice inglese che è riuscita, con un grande talento narrativo e una notevole ironia, a raccontare nel dettaglio svariati luoghi del continente africano, del tutto sconosciute agli europei ai suoi tempi.
Figlia di George Kingsley, medico e appassionato viaggiatore, e di Mary Bailey, Mary Kingsley era nipote di due noti romanzieri, Charles ed Henry Kingsley. Pur non portando avanti studi formali, Mary fu una lettrice accanita della ricca collezione di libri del padre e dimostrò ben presto un grande interesse per l’antropologia e per le culture lontane. Imparò da autodidatta la lingua araba.
Nel 1892, prima di compiere trent’anni, i genitori di Mary morirono, a poche settimane di distanza l’uno dall’altra. La giovane ragazza si ritrovò così con una rendita annuale di 500 sterline, cifra del tutto ragguardevole ai tempi, e il desiderio di esplorare il mondo.
Dopo un breve viaggio alle Canarie, che le permise di ritemprare lo spirito e di superare il momento difficile, Mary decise di avventurarsi da sola in Africa. Durante i suoi viaggi, sorprendentemente, mantenne sempre lo stesso abbigliamento utilizzato a Londra. A quei tempi, le poche donne occidentali che si avventuravano nel continente africano erano principalmente mogli al seguito di missionari o diplomatici.
Kingsley fece ben presto due viaggi consecutivi in Africa occidentale: nel primo, della durata di pochi mesi, passò del tempo tra le tribù del nord Angola e poi sul fiume Congo, dove raccolse campioni di insetti e di pesci. Albert Günther, uno zoologo del British Museum, fu colpito dalle osservazioni di Kingsley e le chiese di raccogliere vari tipi di animali nelle sue successive spedizioni. Il secondo viaggio fu più lungo e si spinse in territori mai esplorati dagli europei: si avventurò nelle terre della Sierra Leone, poi in Nigeria, dove trascorse le notti nelle foreste di mangrovie; arrivò poi sull’Isola di Fernando Pó, l’attuale Bioko, in Guinea Equatoriale, dove osservò le tribù di cacciatori locali.
Nel 1895, si avventurò nel Congo francese, lungo il corso del fiume Ogooué, fino a entrare nel territorio dei Fang, tribù nota per il suo cannibalismo. Scampando a un attacco di un coccodrillo durante un viaggio in canoa, arrivò fino al lago Ncovié, raggiungendo territori inesplorati dagli occidentali fino a quel tempo. Fece incontri ravvicinati con gorilla, leopardi e molte altre specie esotiche. Divenne poi la prima donna europea a raggiungere la vetta del monte Camerun, a 4100 metri di quota. Ritornò infine in Inghilterra nel novembre 1895.
I suoi viaggi in Africa non erano però passati inosservati, e la stampa si interessò subito a lei. Kingsley iniziò a tenere conferenze in giro per l’Inghilterra, di fronte a grandi folle (anche se spesso, secondo gli usi del tempo, erano degli uomini a leggere i suoi testi). Fu la prima donna in assoluto a parlare di fronte alle camere di commercio di Manchester e di Liverpool. Le sue posizioni furono piuttosto progressiste per l’epoca: sostenne la necessità che i governatori dell’impero britannico in Africa capissero e si adeguassero alle tradizioni locali nella gestione delle colonie, criticò aspramente anche i missionari e l’evangelizzazione forzata dei popoli (“meglio un’ordinata poligamia che una disordinata monogamia”).
Osteggiò anche la visione secondo cui i popoli africani fossero, in qualche modo, inferiori agli europei (“un nero non è un bianco sottosviluppato più di quanto un coniglio non sia una lepre sottosviluppata”). Ciononostante, non la si può esattamente definire una rivoluzionaria, anche perché prese le distanze dalle posizioni delle suffragette, che si battevano per dare il voto alle donne in quegli anni (anche se, secondo alcuni storici, fu solo una scelta di comodo).
Dopo alcuni anni, il desiderio di tornare in Africa divenne sempre più forte, e l’occasione di soddisfarlo venne data dalla guerra Anglo-Boera. Nel marzo del 1900, Mary Kingsley viaggiò alla volta di Città del Capo, offrendosi come volontaria per offrire assistenza ai feriti. Un’epidemia di febbre tifoidea, diffusa tra i suoi pazienti, alla fine raggiunse anche lei, che morì tre mesi dopo il suo ritorno nelle terre africane.
La sua più grande eredità furono i suoi libri di viaggio, conditi di grande ironia e di una narrazione vivace e colorita, in cui l’insolita esploratrice dimostrò di essere molto avanti ai suoi tempi, raccontando di come fosse necessario immergersi e adeguarsi a usi e costumi delle altre culture, per poterle capire a fondo.
“Tra me e i Fang è sorta subito una specie di amicizia. Riconosciamo entrambi di appartenere alla stessa famiglia della razza umana, con cui è meglio bere insieme che combattere.”