Dopo tanti confronti delle fotografie delle pinne dorsali e della macchia bianca sul dorso (la cosiddetta “sella”), che in ogni animale hanno caratteristiche uniche, fornite da Menkab e da Tethys, i ricercatori di Orca Guardians Iceland hanno riconosciuto le orche attualmente presenti davanti a Genova. Si tratta infatti di “Riptide” (catalogata dai biologi come SN113), di “Aquamarin” (SN116), e con ogni probabilità di “Dropi” (SN115). La femmina matriarca, invece, quasi sicuramente sarebbe SN114 che secondo gli studiosi islandesi aveva già avuto un piccolo nel 2017.
Si tratta in ogni caso della più lunga migrazione documentata per questa specie, ben 5.200 chilometri, e in assoluto la prima tra Italia e Islanda.
Entrate per sbaglio nel Mediterraneo
A questo punto potrebbe confermarsi l’ipotesi che il gruppo familiare abbia davvero “sbagliato strada” nel suo tentativo di spingersi verso nord – in Islanda sono state avvistate in luglio – entrando poi erroneamente nel Mediterraneo attraverso lo Stretto di Gibilterra, magari seguendo un banco di tonni o altre prede. “Il porto di Pra’ – spiega Sabina Airoldi di Tethys – è il punto più a nord di tutto il Mediterraneo e questo potrebbe non essere un caso. Per tornare verso l’Islanda, infatti, le orche dovrebbero piegare a sud seguendo la costa francese e spagnola prima di uscire in Oceano Atlantico e ripiegare verso nord”.
Nel mentre potrebbe essere stato avvistato a Noli, in provincia di Savona, ciò che resta del piccolo di orca morto la scorsa settimana. Alcune persone hanno, infatti, fotografato una carcassa di piccolo cetaceo che potrebbe essere riconducibile al cucciolo. “Purtroppo – racconta Airoldi – un’onda si è ripresa il corpo prima che gli esperti potessero raggiungere il luogo del ritrovamento”. La ricerca quindi continua.
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