Alcuni dei gatti che si aggirano all’ombra degli ulivi a Masaken Hanano, quartiere est di Aleppo, hanno un fiocchetto rosso legato al collo.
Un piccolo segno di riconoscimento, che indica che appartengono all‘Ernesto Cat Shelter.
Già, perché c’è chi, pur sotto alle bombe che da quattro anni cadono incessantemente dal cielo, continua ad occuparsi degli animali abbandonati.
Mohammad Alaa Aljalees ha 40 anni, tre figli e di lavoro guida le ambulanze. Dallo scorso anno, però, porta avanti il progetto ambizioso – alcuni direbbero folle – di salvare i gatti rimasti senza padrone.
«Ho sempre amato i gatti – ha confessato l’uomo –. Da piccolo ne avevo alcuni e questo amore per gli animali mi ha sempre accompagnato. Dopo lo scoppio della guerra civile ho notato un numero sempre maggiore di gatti rimasti senza padrone. Chi è costretto a fuggire quasi sempre deve lasciarsi dietro di sé gli animali», ha spiegato a Syria Direct.
Così le strade di Aleppo hanno iniziato a riempirsi di gatti – animale che nella tradizione islamica gode di altissima considerazione – e Mohammad ha iniziato ad occuparsi di loro.
Il supporto dall’Italia
La svolta arriva nel 2015. La storia di Mohammad Alaa Aljalees colpisce Alessandra Abidin, italiana di origine libanese, che decide di mettersi in contatto con l’uomo. Nel giro di poco iniziano ad arrivare le prime donazioni e nasce il rifugio per gatti, chiamato Ernesto in onore del micio scomparso di Alessandra.
I fondi giungono da tutto il mondo e – oltre che a provvedere al sostentamento degli animali – permettono di servire pasti caldi anche ai civili rimasti in città.
Sul gruppo Facebook “Il gattaro di Aleppo” si racconta la vita quotidiana dei volontari. La struttura è stata allestita in maniera organizzata: i volontari distribuiscono i pasti due volte al giorno (in mancanza di altro i gatti vengono nutriti con un pastone di riso e carne) ed è stata ricavata anche una piccola infermeria per prestare le prime cure agli animali feriti e malati.
Tuttavia, i recenti raid aerei non hanno risparmiato neppure il rifugio. I bombardamenti sono costati la vita a una trentina di animali e una parte delle strutture è stata danneggiata. Aljalees ha però fatto sapere di voler andare avanti nel suo progetto, e che le donazioni sono ora più che mai necessarie.
Gatti e giochi per i bambini
Accanto al rifugio per i gatti è sorto anche un parco giochi per i bambini. Mohammad Alaa Aljalees racconta di aver avuto l’idea dopo aver visto i benefici che il contatto con gli animali aveva per i piccoli abitanti della città.
«I bambini sono esausti – ha continuato –. Il rumore continuo delle bombe sta provando loro mentalmente. Quando sono arrivati qui, i bimbi hanno iniziato a giocare prendendo in braccio i gatti. Erano molto contenti, e anche io lo ero».
Coi soldi delle donazioni sono state acquistate anche scatole di biscotti e dolciumi da offrire alle piccole vittime della guerra.
Chi ama gli animali, ama tutta l’umanità
Che senso ha curarsi di qualche decina di gatti quando, dallo scoppio della guerra, in Siria sono morte oltre 430mila persone?
La risposta di Mohammad non potrebbe essere più cristallina: «C’è uno stretto legame tra l’amare gli animali e gli umani. La compassione deve esserci verso qualsiasi essere, che siano le persone oppure animali feriti che non hanno da mangiare. Amare le creature più piccole e indifese significa amare tutto».
Una curiosità: il gatto comune – conosciuto come “soriano” – deve il suo nome proprio alla Siria, regione in cui era originariamente diffuso.
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