Il deserto costiero del Perù ha restituito i resti della più antica balena finora mai scoperta. All’interno di rocce antiche 36 milioni di anni, infatti, sono stati trovati i resti di un misticeto. La scoperta è stata fatta da un team internazionale, del quale facevano parte anche ricercatori dell’Università di Pisa e di Camerino.
La nuova specie è stata rinominata Mystacodon selenensis. Mystacodon significa “misticeto con i denti”, mentre selenensis è un omaggio a Selene, la dea della Luna, in riferimento a Media Luna, la località in cui è stato scoperto il fossile.
All’origine dei cetacei
Per capire l’importanza del ritrovamento fatto in Perù bisogna risalire all’origine dei due grandi gruppi ancora viventi di cetacei, ovvero gli odontoceti (delfini, orche e capodogli) e i misticeti (balene e balenottere).
Gli odontoceti hanno sviluppato un biosonar che permette loro di individuare le prede, ad esempio, pesci e calamari, anche con poca luce, mentre i misticeti hanno sostituito i denti con i fanoni, questo per filtrare piccoli organismi dalla sabbia.
Queste due importanti novità evolutive hanno permesso ai cetacei di diversificarsi e di colonizzare così tutti gli ambienti marini. Tuttavia, resta un mistero su quale sia il preciso momento della storia evolutiva in cui si è compiuta questa separazione dei gruppi. Secondo alcuni studi, la divisione è avvenuta 40 milioni di anni fa. Tuttavia, reperti di quell’epoca sono estremamente rari e il più antico odontoceto fossile conosciuto ha “appena” 29 milioni di anni, mentre il più antico misticeto mai trovato prima di questa eccezionale scoperta era di 34 milioni di anni fa. Mystacodon selenensis, dunque, rappresenta un’importante scoperta che aiuterà a spiegare meglio la storia dei cetacei.
Lunga “solo” 4 metri e con le zampe
Le balene di 36 milioni di anni fa erano molto diverse dai giganti che abitano i nostri mari. Mystacodon selenensis, infatti, misurava “solo” 4 metri, pochissimi se paragonati ai 30 della balenottera azzurra. Il fossile scoperto in Perù conserva caratteri primitivi come la presenza delle zampe posteriori, seppure estremamente ridotte. «Dallo studio del suo scheletro siamo arrivati alla conclusione che Mystacodon selenensis, molto probabilmente, si nutriva su fondali sabbiosi aspirando piccole prede – ha detto Giovanni Bianucci, paleontologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa che ha partecipato allo scavo -. Questo tipo di alimentazione è dimostrato anche dalla peculiare usura dei denti, che mostra i segni dovuti all’accidentale ingestione di sabbia durante la cattura delle prede. Anche la pinna pettorale,
particolarmente mobile, serviva a dirigere e bilanciare il corpo quando l’animale si spostava in prossimità dei fondali».
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