È stato da poco presentato da Legambiente il report “Natura Selvatica a rischio in Italia” (scarica qui il documento), dedicato quest’anno alla “Partneship for Wildlife Conservation”.
Al suo interno contiene un’analisi su alcune specie italiane e storie di tutela di successo, studi e casi territoriali e fa inoltre, il punto su sfide e difficoltà da affrontare.
«Perché – dicono a Legambiente – se da un lato alcune specie a rischio estinzione o in pericolo, grazie a numerosi progetti di tutela avviati negli ultimi 30 anni, stanno ripopolando lentamente la Penisola, dall’altra parte non mancano le difficoltà. Tra queste la convivenza tra uomo e grandi predatori, come lupo e orso. Il triste epilogo dell’orso Juan Carrito ha posto nuovamente in primo piano il problema».
I dati della fauna selvatica nel Report di Legambiente
Nell’Appennino, la popolazione del grifone è aumentata, con ben 64 coppie nidificanti contate nel 2022.
Rapace in pericolo critico, dal 1994, questo animale, si trova al centro di un lungo progetto di reintroduzione in Appennino Centrale nell’area del Parco Naturale Regionale Sirente Velino. Dal Velino i grifoni si sono poi stabiliti in altre colonie sui monti circostanti, dal Gran Sasso d’Italia ai Monti Simbruini. Altri invece, si spostano regolarmente tra il Massiccio del Pollino e i massicci Abruzzesi, fino al Matese e al massiccio dei Sibillini.
Anche le berte nidificanti ci danno buone notizie, sulle isole pontine si è infatti registrato il loro successo riproduttivo, nonostante restino però tra le specie in pericolo insieme all’uccello delle tempeste.
Nel Mar Mediterraneo invece, c’è preoccupazione per i pesci cartilaginei, messi in pericolo dalle attività umane.
Riguardo ai lupi, a oggi si stima in tutta Penisola una presenza di circa 3.300 lupi di cui 950 esemplari concentrati nelle regioni alpine e quasi 2.400 distribuiti lungo il resto della Penisola. Nel 2022, in assenza di un dato ufficiale per la mancanza di una banca dati aggiornata, Legambiente ha realizzato un monitoraggio effettuato online dal quale risulta che, sono morti 111 lupi, di questi 68 per investimento, 14 per bracconaggio, 7 per morte naturale e 22 per morte incerta.
Per quanto concerne l’orso bruno marsicano, sottospecie che vive esclusivamente in Appennino centrale, si stimano oltre 60 esemplari in Appennino Centrale.
Presentando il rapporto, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha ricordato che: «La crisi climatica sta contribuendo alla perdita di biodiversità e alcuni fattori indotti dal cambiamento climatico, come ad esempio la riduzione e la disponibilità di acqua o l’aumento della siccità e il rischio incendi, influiscono sempre di più sulla vita di animali e piante. L’Italia che, che in questi anni ha raggiunto diversi risultati positivi, deve ora accelerare il passo aggiornando, attraverso un percorso di partecipazione e condivisione tra le istituzioni, il sistema della ricerca e i vari portatori di interesse, le strategie e le norme per tutelare meglio le specie a rischio e ridurre i conflitti che si possono creare nella convivenza tra l’uomo e le specie selvatiche. Tale percorso deve essere anche finanziato di più e maggiormente integrato con le altre politiche nazionali e comunitarie per raggiungere gli obiettivi 2030, a partire dalla creazione di più aree protette e zone di tutela integrale, adottando soluzioni naturali contro la crisi climatica e gestire in maniera integrale il territorio protetto».
Le buone pratiche da adottare secondo Legambiente
«Le problematiche di gestione di specie emblematiche come il lupo o l’orso bruno ci dimostrano che per difendere la biodiversità ci vuole il supporto della scienza e una grande capacità nella gestione della complessità territoriale e istituzionale, ma anche un nuovo patto di collaborazione tra parchi e comunità locali, da cui è indispensabile ripartire con obiettivi chiari e condivisi» sostiene Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente.
Per questo il rapporto presenta 9 buone pratiche che vanno dalle squadre di primo soccorso nell’ambito del progetto Life DELFI per aiutare i delfini impigliati nelle reti, alla winter school sulle Prealpi Giulie dell’università di Udine, alle azioni di prevenzione realizzate su alcune strade di Umbria e Abruzzo, per limitare il rischio di attraversamenti della fauna e possibili incidenti per arrivare in Sila, dove grazie al progetto Wolfnet, i cani da pastore maremmano abruzzese sono stati utilizzati per sorvegliare il bestiame e salvare il lupo.
Ma c’è anche il master dedicato alla medicina veterinaria nel Parco Nazionale della Majella, il centro di recupero delle tartarughe marine di Manfredonia, l’hub, in via di definizione, per la fauna selvatica nel Delta Po.
Infine, anche lo stop al volo dei droni nelle aree protette per tutelare l’avifauna, stabilito da un provvedimento dell’ENAV su richiesta della Regione Lazio che istituisce in circa 100 aree naturalistiche, dal 26 gennaio 2023 al 28 dicembre 2023, il divieto di atterraggio, decollo e sorvolo di aeromobili e di apparecchi a motore per il volo da diporto o sportivo, droni compresi.
La collaborazione tra le istituzioni è fondamentale per assicurare la conservazione delle diverse forme di fauna e flora selvatiche per poter fruire dei benefici per le persone e il Pianeta, e in modo da intensificare la lotta contro i crimini perpetrati verso la fauna selvatica e le numerose specie animali minacciate dalle azioni dell’uomo.
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