L’Istituto di ricerca sui cetacei (ICR) ha reso noti i dettagli della battuta di caccia compiuta dalle baleniere giapponesi.
La flotta ha ucciso complessivamente 333 balenottere minori, 200 delle quali di sesso femminile e in gravidanza. L’ICR ha rivelato anche le coordinate delle uccisioni: molte delle balene sono state catturate all’interno del santuario dei cetacei dell’Oceano del Sud e del santuario dei cetacei australiano.
Immediata è arrivata la condanna di Sea Shepherd che, per voce del consigliere e fondatore Paul Watson, ha ribadito come il Giappone, perpetrando queste battute di caccia, violi il diritto internazionale. “Da tempo il Giappone ignora le leggi internazionali e l’opinione pubblica, continuando a massacrare impunemente le balene solo per trarre profitto dalla vendita delle carni. Quasi due anni sono passati da quando la Corte internazionale di Giustizia dell’ Aja ha stabilito che il programma di caccia commerciale alle balene del Giappone è illegale, eppure i balenieri hanno continuato la propria mattanza”.
Dal mare aperto ai tribunali
Ora lo scontro tra i balenieri e Sea Shepherd si sposta nelle aule di tribunale. La flotta battente bandiera Giapponese ha accusato l’associazione di “pirateria”. Il foro che tratterà il caso sarà quello statunitense. Per Sea Shepherd si tratta di una notizia positiva, dal momento che i cacciatori saranno giudicati in base alle leggi vigenti sul territorio degli Stati Uniti e che vietano, appunto, la caccia alla balene, se non nell’ambito delle pratiche tradizionali di sussistenza.
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