Dopo che per decenni era stata bollata come un’idea bizzarra e irrealizzabile, a Milano sta prendendo corpo l’ipotesi di riaprire la rete dei navigli che attraversava la città da nord a sud.
Nel 1929 la cosiddetta Cerchia interna fu definita “inutile fossato insalubre” e in breve tempo venne coperta. Prima erano già capitolati il naviglio di San Gerolamo, quello Morto e il laghetto di Santo Stefano, accanto alla Ca’ Granda, a lungo sede dell’Ospedale Maggiore e da fine anni Cinquanta dell’Università degli Studi. L’architetto Luca Beltrami definì la copertura come «un funerale di prima classe della vecchia Milano, solcata dal Naviglio che ha costituito l’estetica della sua prosperità». Fu un’isolata voce di protesta.
Il comune soppresse una dopo l’altra le sue vie d’acqua per fare spazio a strade e case. I lavori di copertura proseguirono fino al 1969, quando fu cancellato il tratto cittadino del Naviglio della Martesana che arrivava alla Cassina de’ Pomm.
In quattro decenni fu rimossa una gloriosa esistenza di quasi un millennio. Non si esitò a distruggere punti caratteristici e pittoreschi della città, come il tratto di canale che fronteggiava i Boschetti fino al ponte di corso Venezia, o il Naviglio di San Damiano con il suo ponte delle Sirenette. Furono spazzati via angoli di strepitosa bellezza. In nome di cosa? Di un’idea di ammodernamento che guardava ai navigli come a «un pericolo sociale per l’attrazione che esercita sui deboli e sui vinti di una grande metropoli».
Si racconta che, sempre negli anni Venti, Henry Ford si rivolse alle autorità di Amsterdam per incoraggiarle a intraprendere una politica di progresso: la sua idea prevedeva di coprire tutti i canali e trasformarli in moderne e veloci strade. Non ebbe fortuna. Gli olandesi scelsero di mantenere la cintura di canali iniziata agli inizi del Seicento, la cui storia era profondamente legata a quella della loro città. Oggi il centro storico di Amsterdam è tra i meglio preservati al mondo.
A Milano, invece, con la soppressione dei navigli gli sventramenti procedettero più spediti: scomparirono i Bastioni e numerosi giardini, furono demoliti i quartieri a sud del Duomo e quello attorno a San Babila, devastate le piazze Fontana e Beccaria, distrutte le chiese di San Giovanni in Conca, Santa Maria Beltrade, Santo Stefano in Borgogna, Santa Maria Segreta, San Michele alla Chiusa e numerose altre. Milano cadde pezzo su pezzo. E tutto questo non tornerà più.
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