Da qualunque direzione la si osservi appare come una gigantesca isola di roccia, che si eleva dalla rada foresta mediterranea che ammanta il versante ionico dell’Aspromonte.
È Pietra Cappa, un gigantesco monolito che pare precipitato sulla Terra da chissà quale mondo lontano. In realtà, si tratta di un conglomerato di roccia sedimentaria composto da ciotoli inglobati in una matrice sabbiosa più fine formatosi nel Miocene inferiore, tra 25 e 16 milioni di anni fa.
Ciò non toglie che il luogo sia di quelli particolarissimi, anche un po’ misteriosi, che invitano al raccoglimento e costituisce uno dei volti più inusuali del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Pietra Cappa sorge al centro della cosiddetta “Vallata delle Grandi Pietre”. Infatti, non è l’unica grande formazione rupestre a sollevarsi dalle morbide colline a sud del Monte San Luca.
Vicino si trovano anche le Rocche di San Pietro e Pietra Longa, la più aguzza di tutte, calate all’interno di un bosco mediterraneo in buona salute, altrove decisamente raro.
Un bellissimo sentiero consente di esplorare una grossa fetta di questo habitat. Si parte dal piccolo centro di Natile, per poi arrivare agli antichi eremi di San Pietro e infine a Pietra Cappa, ritornando indietro per lo stesso percorso.
Si parte da Natile
Il punto di partenza dell’itinerario è il paesino di Natile Vecchio (328 m slm), piccolo centro abitato da poche anime. Subito dopo il bar, si imbocca la stradina a sinistra che in lieve pendenza si addentra tra campi coltivati, uliveti, distese erbose punteggiate da querce dove si incontrano capre e pecore al pascolo.
Dopo un’ora di cammino si arriva in prossimità delle Rocche di San Pietro, uno dei luoghi di maggior interesse della zona, dove la roccia si riveste delle essenze mediterranee più robuste, come lentisco, fillirea, alterno e qualche pianta di corbezzolo, cui si aggiungono biancospino, pero e melo selvatico. In questi luoghi anche i lecci e le querce si fanno più ardite, aggrappandosi alle fenditure.
Una deviazione a sinistra consente di raggiungere la sommità della cresta antistante, passando lungo un tracciato agevole e recentemente messo in sicurezza dall’associazione “Gente in Aspromonte”. Da qui si può guadagnare la vetta delle Rocche di San Pietro (576 m slm), coronata da alcuni giovani lecci.
Gli eremi di San Pietro
Tutti coloro che raggiungono le Rocche di San Pietro sono incuriositi da alcune piccole grotte scavate in profondità nella roccia friabile. Seppure su scala infinitamente ridotta, possono ricordare gli insediamenti rupestri della Cappadocia, nella Turchia centrale.
Di difficile datazione, risalgono a un lasso di tempo compreso tra il VII e il IX secolo d.C., quando dall’area ellenistica si verificò una vera e propria migrazione verso il Sud Italia di monaci basiliani in fuga dalle persecuzioni ordinate nel 726 dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico, che aveva emanato un editto con il quale ordinava la distruzione di immagini sacre e icone in tutte le province dell’Impero.
Questi asceti si spinsero in Puglia, Sicilia e Calabria alla ricerca di luoghi mistici ed evocativi dove poter mettere in pratica i punti cardine della Regola di San Basilio Magno (330-379 d.C.): contemplazione, preghiera, solitudine, lavoro. Sicuramente i dintorni di Pietra Cappa di molti secoli fa, ammantati di boschi, rispondevano a questi requisiti.
Il piccolo ricovero di San Pietro (meno di 6 metri di diametro), in posizione panoramica sulla valle sottostante, è sicuramente il più sorprendente, con i suoi minuscoli vani e le ampie aperture. Al piano superiore del piccolo manufatto sono ancora visibili i giacigli scavati nella roccia degli eremiti, che probabilmente occupavano anche la piccola grotta alle spalle della cupola.
Panorama e birdwatching
Dalla cima delle Rocche di San Pietro, modellata dalle intemperie, il colpo d’occhio è unico: sulla sinistra il panettone di Pietra Tonda, a cui fa da sfondo lo Ionio, mentre di fronte domina la grande sagoma di Pietra Cappa.
Vale davvero la pena di spendere un po’ di tempo qui, esplorando le piccole cavità un tempo abitate dai monaci basiliani e magari raggiungere anche la sommità di Pietra Tonda, distante meno di duecento metri ed epicentro della valle.
O anche semplicemente fermarsi su questi terrazzi di pietra, seminascosti tra la vegetazione mediterranea, ad aspettare l’avvistamento degli uccelli: può essere il veloce passaggio di un gheppio a caccia nel fondovalle o il volo colorato di un’upupa o di una ghiandaia.
Verso Pietra Cappa
Ritornando sui propri passi, si riguadagna il sentiero, che in duecento metri di salita si collega alla strada principale, passando in prossimità di un ovile. Da questo punto in poi il sentiero diventa più facile e tranquillo e, a intervalli regolari, consente di osservare la sagoma di Pietra Cappa, incorniciata dai lecci e dalle querce.
Attorno la vegetazione mediterranea si intensifica: appaiono folte formazioni di erica arborea, ginestra e stracciabraghe, in cui si nascondono i piccoli uccelli di macchia, come l’occhiocotto, la sterpazzola e la capinera.
Si può salire in cima
Appena si arriva in prossimità della roccia si prende il primo sentiero sulla sinistra, che consente di compiere il periplo completo dell’“isola” di Pietra Cappa (circa 1,5 chilometri di percorrenza totale). Si passa sotto le ripide pareti di conglomerato, alternando brevi tratti di bosco a punti panoramici.
L’arrampicata su Pietra Cappa (m 829 slm) è molto sconsigliata, perché gli appigli non sono sicuri; meglio, invece, raggiungere la sommità del piccolo rilievo dal versante sud-est, al quale si accede facilmente, e che consente di elevarsi ben al si sopra del querceto.
Anche qui osservare il panorama con il binocolo è una meraviglia: verso nord-est spuntano le Rocche di San Pietro e, più indietro, il piccolo centro di Natile Vecchio.
Ridiscesi sul sentiero, si costeggia la Pietra, fino ad un punto dove un’immensa scheggia di conglomerato si è staccata dal fianco della montagna, generando una curiosa strettoia (alta una decina di metri e larga circa un metro), sotto la quale si può passare. Proseguendo ancora per circa 500 metri si riguadagna la strada principale, chiudendo l’anello.
Ruderi antichi
Se c’è ancora tempo, è interessante raggiungere il cosiddetto Casello Forestale di San Giorgio (677 m slm), tenendosi sulla sinistra ed entrando nel querceto più fitto (da Pietra Cappa sono solo 500 metri). Poco prima, ancora sulla sinistra, si incontrano i ruderi sommersi da felci e rovi della Chiesetta di San Giorgio, forse risalente all’inizio del XII secolo e ormai in stato di totale abbandono.
Al Casello Forestale, poco più avanti, si può fare una meritata pausa, sedendo sulle panche all’ombra di un gigantesco castagno. Nella zona è presente anche una fonte di acqua potabile e spesso si può incontrare anche qualche pastore.
Per rientrare potete percorrere lo stesso percorso, evitando il periplo di Pietra Cappa e seguendo la strada sterrata fino a Natile Vecchio. In questo caso, visto che è tutta discesa, i tempi di percorrenza vanno dimezzati.
SCHEDA TECNICA
Per chi: itinerario adatto a tutti, ma attenzione ai dirupi nei punti più esposti.
Lunghezza: circa 8 chilometri tra andata e ritorno.
Durata: circa sei ore ma è meglio considerare l’intera giornata se si fanno un po’ di osservazioni naturalistiche.
Dislivello: circa 400 metri.
Cartografia: cartine dettagliate si trovano presso i centri visita del parco. Nel dubbio seguire il segnavia rosso e bianco.
Periodo: tutto l’anno, ma è meglio evitare l’estate per il caldo. Non dimenticate di portare da bere. Altra acqua si trova quasi sempre al Casello Forestale di San Giorgio.
Equipaggiamento: scarpe da trekking o da ginnastica. Un binocolo è indispensabile per avvistare gli uccelli.
Come arrivare: Dalla SS106, litoranea orientale calabra, prendere la SS112 dir fino a Natile Nuovo e poi seguire per Natile Vecchio.
Numeri utili:
- Parco Nazionale dell’Aspromonte, Via Aurora fraz. Gambarie, 89050 Santo Stefano Aspromonte (RC), tel. 0965 743060, www.parcoaspromonte.gov.it/
- Stazione Carabinieri Parco Gambarie, tel. 0965 743121.
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