La notte e le creature che la popolano fanno parte di un immaginario misterioso e affascinante al tempo stesso. Un universo di ombre e suoni spesso difficilmente decifrabili, che mettono alla prova i nostri limitati sensi.
A volte, la presenza di alcuni animali, può essere intuita ascoltandone il verso, ma l’osservazione diretta può essere molto più difficile. Tra queste elusive specie, l’occhione (Burhinus oedicnemus) occupa sicuramente un posto di rilievo!
Grandi occhi per muoversi nell’oscurità
Il nome comune rispecchia una chiara caratteristica anatomica, acquisita proprio come conseguenza delle abitudini prettamente notturne o crepuscolari. I grandi occhi gli permettono infatti di muoversi al suolo e volare agevolmente quando la maggior parte degli altri animali sono costretti al riposo.
Il nome inglese stone curlew si traduce letteralmente chiurlo delle pietre e ci fornisce una chiara indicazione sull’habitat preferito. Gli occhioni si alimentano e nidificano in ambienti steppici con vegetazione assente o molto bassa, a volte nei greti dei fiumi, più comunemente in pascoli, seminativi o incolti ricchi di ciottoli, dove grazie al piumaggio mimetico riescono a passare inosservati a gran parte dei predatori. Anche il nido risulta quasi invisibile, così come le uova, che si confondono con i sassi per dimensione e colorazione.
La struttura robusta delle zampe è quella tipica di un corridore e l’apertura alare è di poco inferiore al metro. La dieta è costituita da invertebrati, rettili, anfibi e piccoli roditori.
Un fortunato e inatteso incontro
Le foto diurne sono state realizzate nel Parco Naturale Regionale di Porto Conte (Alghero), in seguito a un periodo di osservazione, durante il quale era stata individuata una zona frequentata dagli occhioni al lato di una strada bianca poco frequentata. Il posizionamento del capanno mobile al margine della strada è avvenuto durante la notte, per dar modo agli animali di accettarne la presenza e i primi esemplari hanno iniziato a fare la loro comparsa prima dell’alba. Le condizioni precarie di luce ci hanno costretto a utilizzare sensibilità molto elevate (fino a iso 6400) e tempi di scatto molto lenti (1/30 di secondo).
Le foto notturne sono invece il frutto di un fortunato e inatteso incontro, avvenuto durante uno spostamento in auto lungo una strada del Parco. La sagoma di un piccolo animale fermo in mezzo alla strada ci ha costretto a frenare, e vedendo che non si spostava siamo scesi per controllarne lo stato di salute. Un pullo di occhione da poco “evaso” dal nido era acquattato in mezzo alla ghiaia della strada, fermo immobile davanti ai fari dell’automobile. Questo comportamento è tipico delle specie definite “nidifughe”, che tendono ad allontanarsi dal nido molto prima di aver raggiunto l’autosufficienza, spesso ancora incapaci di volare. Subito dopo, molto lentamente, si è rifugiato in una distesa di sassi e asfodeli. Poco più avanti la scena si è ripetuta con un adulto.
L’importanza degli incolti e degli ambienti steppici
Data la specificità degli habitat occupati durante la riproduzione, gli occhioni risentono molto delle lavorazioni dei suoli, in particolare arature e spietramento, e in generale di tutte le operazioni che prevedono l’utilizzo di mezzi pesanti. La loro conservazione dipende proprio dalla tutela di zone incolte e ambienti steppici, a cui troppo spesso non viene dato il giusto valore. In molte aree della Sardegna, complice la scarsa densità demografica e le produzioni agricole di tipo estensivo, gli occhioni riescono ancora a trovare delle nicchie ambientali adatte alle loro esigenze e al sicuro dall’uomo. In queste zone, al tramonto, è possibile ascoltarne il canto, quasi a volerci ricordare come la natura, a differenza nostra, si sappia accontentare di poco.
Ascolta il canto dell’Occhione
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