Da una parte la cocciuta ostinazione del presidente della PAT, Maurizio Fugatti, che non vuole fare un passo indietro rispetto alla volontà di abbattere orsi e lupi, sia problematici che in un supposto, quanto poco scientifico, esubero. Dall’altra le associazioni protezionistiche che difendono il diritto alla vita degli orsi, proponendo piuttosto che la morte una definitiva reclusione in un cosiddetto santuario, termine davvero forse un poco abusato quando si tratta di strutture di cattività per animali selvatici.
A complicare l’intera vicenda una sequenza di orsi trovati morti in Trentino, senza avere ancora certezze sulle cause di morte, che non parrebbero ascrivibili a colpi di arma da fuoco o altri congegni letali, ma ad avvelenamento, causato probabilmente da esche che qualche criminale avrebbe appositamente lasciato nei boschi. Gli orsi trovati morti sino ad ora sono tre e l’Istituto Zooprofilattico non ha ancora fornito riscontri sugli esami fatti sui cadaveri dei plantigradi. Una situazione che se da una parte infiamma gli animi del fronte pro-orsi dall’altra getta effettivi interrogativi sulla mancanza e lentezza nella diffusione delle informazioni. Una riservatezza che sarebbe giustificabile solo se, dietro questo silenzio, si celasse la volontà di tutelare indagini di Polizia Giudiziaria in corso, delle quali manca ogni evidenza.
Intanto, l’ultima orsa catturata, JJ4, è ancora al centro di Casteller dopo essere stata ritenuta responsabile dell’aggressione mortale al runner Andrea Papi, che ha avuto la sola colpa di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Anche a causa della carenza di quelle corrette informazioni che avrebbero dovuto essere fornite a tutti i trentini dall’amministrazione provinciale, che avrebbe dovuto gestire meglio la presenza di grandi carnivori sul territorio.
Due alternative
Si tratta di una situazione davvero in continua evoluzione, capace di scaldare gli animi, ma anche di creare tifoserie da stadio che difficilmente potranno portare a una gestione serena della questione orsi. Questione che oramai in Trentino è certamente sfuggita di mano a chi avrebbe avuto il dovere amministrativo, legale ma anche morale di risolverla. Al momento sull’orsa JJ4 grava una sentenza con due soli possibili sbocchi, al di là dello slogan “orsi liberi” che pone un obiettivo ora irraggiungibile: abbattimento eutanasico, trovandosi già reclusa, oppure trasferimento, come vorrebbero le associazioni protezionistiche, in una struttura per orsi ubicata in Romania.
Guardandola dalla parte degli orsi, quale sia la miglior scelta è davvero difficile dirlo, soprattutto quando si tratta di animali che hanno trascorso tutta la loro vita liberi, senza costrizioni. Sul tema della reclusione è difficile non chiedersi quale sia la differenza fra uno zoo e un santuario, ovviamente a parità di spazi e attenzioni, considerando che per un camminatore come un orso un recinto, per giunta insieme a altri orsi, è bel lontano da quello che si potrebbe intendere come una situazione di vero benessere, specie per un selvatico con le necessità etologiche di un orso.
Difficile non chiedersi che cosa sceglierebbe per sé l’orsa pensando al proprio futuro, ma queste sono domande senza risposta. Mentre nasce un nuovo interrogativo dopo che ENPA, LEIDcolpevoliA e OIPA hanno dichiarato di volersi unire per la creazione di un centro destinato alla custodia, proprio in Trentino, degli orsi problematici. Su questo però la domanda prende una direzione diversa. Sono proprio sicure le organizzazioni di tutela dei diritti animali di voler creare una struttura detentiva per orsi problematici, giustificando così l’amministrazione a rimuovere dal territorio tutti gli orsi che riterrà tali? E che ne sarà di questa struttura una volta che avrà raggiunto il numero massimo di animali detenibili in condizioni che correttamente dovranno essere almeno accettabili?
La strada della convivenza
Sarebbe, forse, più opportuno lavorare sul fronte della convivenza piuttosto che su quello che finirà per alimentare l’intolleranza con facili scappatoie. Una via indispensabile quella della coesistenza per far comprendere, non solo ai trentini, che gli orsi sono specie ombrello fondamentali per l’equilibrio ambientale, che non possono essere spostati a piacimento come se si trattasse di cose. Un discorso analogo da mettere sul piatto anche per i lupi, che vengono ritenuti responsabili di una serie di problemi che in gran parte sarebbero risolvibili con adeguata informazione e educazione. Facendo comprendere alla comunità che il problema degli incidenti, anche seri come quello occorso al povero Andrea, non dipende dal numero di orsi ma dall’informazione sulle buone pratiche. Se in Trentino ci fossero anche soltanto 5 orsi nulla sarebbe cambiato per l’escursionista, se si fosse, come sembra essere stato in questo caso, letteralmente scontrato con un’orsa con i cuccioli. Quello che poteva fare davvero la differenza era se il ragazzo fosse stato informato che quando si va da soli nei boschi, in zone dove ci possono essere orsi, è importante fare rumore per avvisare della nostra presenza, e forse per prevenire questo dramma terribile sarebbe bastato il suono di una campanella appesa allo zaino. Coltivando l’insofferenza è difficile che si possa arrivare a una vera convivenza, ma fra gli obiettivi planetari dell’ONU c’è proprio quello di arrivare a proteggere un terzo di terre e mari, lasciando alla natura spazi che le consentano di ricreare equilibri ora infranti. In questo percorso è importante che la politica smetta di soffiare sul fuoco della paura e si confronti con la comunità sull’unica strada percorribile, interrompendo quella campagna in atto da tempo dove l’unica soluzione al problema, ripetuta all’infinito sino a farla diventare credibile per molti, passi attraverso gli abbattimenti.
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