Mentre infervorano le polemiche e i dubbi riguardo all’incidente della settimana scorsa in Trentino, con un uomo ferito da un orso (e forse viceversa), ci siamo chiesti: come sta realmente la popolazione di plantigradi nella regione? Perché prima di parlare di orsi problematici, di attacchi volontari, di catture, ecc. forse sarebbe meglio conoscere la reale situazione dell’animale. «Sono passati 18 anni dal primo rilascio di orso in Trentino – spiega Andrea Mustoni, zoologo ed esperto di gestione e conservazione della fauna selvatica presso il Parco Naturale Adamello Brenta, sede del progetto europeo Life Ursus che ha riportato la specie nel territorio –, tanti se consideriamo che la vita media di un orso in natura si aggira sui 20 anni. Comunque, a oggi possiamo considerare “il bicchiere” sia mezzo pieno che mezzo vuoto. Mezzo pieno perché gli orsi ci sono, la popolazione è vitale e ben lontana da quei “3 maschi” tutti vecchi e consanguinei censiti nel 1989, ma è anche mezzo vuoto perché malgrado le nascite negli ultimi anni la popolazione non cresce a livello numerico e solo i maschi si espandono in altri territori, mentre le femmine restano ben salde sulle Dolomiti del Brenta.» A questo punto la domanda è d’obbligo: ma se nascono di più e non aumentano né si spostano significa che muoiono di più? «È probabile – dice Mustoni – e considerando che non ci sono malattie specifiche tra la popolazione la causa è probabilmente il bracconaggio». Un bracconaggio nascosto e silenzioso forse nato dalla volontà di cittadini di volersi difendere da soli dalla presenza del grande carnivoro? «Può essere. A livello locale si riscontra una maggiore paura e una minor accettazione riguardo agli orsi, almeno da parte di una fetta di popolazione più “rumorosa”, dettata anche dal fatto che, effettivamente, la presenza dell’orso è oggi più concentrata in zone a temperatura più mite dove, però, è anche più evidente ed è più facile incontrare l’uomo. Uomo che l’orso associa alla presenza di cibo (non a caso in Abruzzo un individuo poco timido è entrato in una casa) ma non certo a fonte di cibo. Per questo come parco lavoriamo molto nelle scuole e con i cittadini per sensibilizzare sulla presenza e la natura dell’orso ma anche sui giusti comportamenti da seguire. Mentre in altri stati, come in Canada, c’è un’allerta costante nei parchi sulla possibile presenza di animali potenzialmente pericolosi come gli orsi, in Italia tutto questo non si fa e i visitatori assumono spesso comportamenti irresponsabili, come portare cani liberi nei boschi dove ci sono gli orsi. Guardando le statistiche degli attacchi, infatti, si vede che spesso la presenza del cane è stata determinante per innervosire e spaventare l’orso, e solo un orso spaventato è realmente pericoloso».
A tal proposito si parla molto di “orsi problematici” e di abbattimento/rimozione di questi individui, ma è possibile realmente capire quando un animale è davvero tale? «Esiste un protocollo di gestione specifico approvato dal Ministero, che riguardante gli individui che, per esempio, uccidono capi di bestiame o entrano ripetutamente negli orti. Tali animali, considerati appunto problematici, dovrebbero essere dotati di radiocollare per monitorare il loro comportamento futuro nonché la posizione e solo successivamente, se i problemi persistono, si dovrebbe arrivare all’eliminazione. Detto questo, è giusto intervenire per il bene generale della popolazione di orsi integrando con nuovi individui se la popolazione è scarsa o altamente consanguinea o eliminando gli individui problematici che determinano poi un generale rifiuto della specie da parte della popolazione locale con casi di “giustizia/difesa fai da te”».
In pratica una popolazione “educata” è meglio accettata e quindi anche più tutelata dai locali. Per questo il parco dell’Adamello sta lavorando con il Servizio Foreste della provincia di Trento per un monitoraggio della specie al fine di stabilire davvero il grado di diversità genetica, la presenza e gli spostamenti sul territorio. Inoltre l’Ente sta portando aventi uno studio comparativo di analisi dei comportamenti uomo-orso nei casi di incontro tra i due. «L’obiettivo finale – spiega Mustoni – è di evidenziare i comportamenti sbagliati e quelli corretti in modo da stendere un vademecum efficace sul comportamento da seguire in presenza di questi plantigradi e trovare nuove strategie di convivenza». Accettarsi a vicenda è l’unica soluzione possibile.
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