Buone notizie per l’orso marsicano. I dati del monitoraggio effettuato dall’Ente del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise hanno mostrato che lo scorso anno sono nati 11 cuccioli.
Il team di ricerca – in collaborazione con altre Istituzioni e volontari – ha lavorato sul campo impiegando per il censimento diverse tecniche al fine di acquisire informazioni importanti sulla produttività della popolazione di orso bruno marsicano.
In 41 occasioni, sono state osservate femmine con cuccioli. Attraverso l’uso di specifici criteri spazio-temporali per eliminare i doppi conteggi è stato possibile distinguere 4 unità familiari, distribuite in tutta l’area del Parco, e così composte: 3 femmine con tre cuccioli e 1 femmina con due cuccioli.
Segnali incoraggianti
I dati mostrano segnali incoraggianti, soprattutto se analizzati nello spazio temprale di un decennio. Da un’analisi dei dati degli ultimi 10 anni, infatti, emerge che nonostante la popolazione di orso marsicano si sia numericamente ridotta, la sua densità (3-4 orsi ogni 100 chilometro quadrato) è una tra le maggiori osservate per la specie.
Tuttavia la situazione rimane critica. «Nonostante i risultati delle conte siano incoraggianti, il numero delle femmine con i piccoli è comunque molto basso: da 1 a 6 unità all’anno. Questo dipende dal fatto che le femmine adulte sono poche, circa 15, e che si riproducono ogni 3 -4 anni – spiegano dall’Ente parco –. In queste condizioni è lecito aspettarsi che subentrino dei meccanismi naturali di regolazione numerica della popolazione e che agiscono sulla capacità riproduttiva delle femmine come, ad esempio, l’inibizione dell’estro in alcuni anni o su una minore sopravvivenza dei cuccioli che può essere causata da un aumento dei casi di infanticidio da parte dei maschi adulti. Non possono neanche essere esclusi difetti genetici legati all’elevato livello di consanguineità degli individui, a cui consegue la ridotta capacità di sopravvivenza degli stessi cuccioli».
Diminuire la mortalità
Il futuro del plantigrade dipende in buona parte dalla sopravvivenza delle femmine adulte dal momento che, in caso di mortalità di una femmina in età riproduttiva, sono necessari più di 12 anni affinché un cucciolo femmina possa prendere il suo posto nella popolazione.
I dati mostrano che tra il 2007 e il 2018 sono morte 15 femmine, di cui 10 in età riproduttiva. Per questo è necessario intervenire affinché i casi di pericolo siano ridotti al minino, come dimostra l’incidente avvenuto lo scorso anno in cui una femmina e i suoi cuccioli sono annegati in una vasca per la raccolta dell’acqua.
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