I grandi padri – o perlomeno quelli che noi riconosciamo come tali – si distinguono per la capacità di insegnarci qualcosa o di farci riflettere.
Accade che la scorsa estate Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia, di cui è ora presidente onorario, che ebbi il piacere di conoscere tanti anni fa, commenta un mio post. La sua lettera, però, per un banale disguido resta incagliata nella segreteria di redazione. Finisce col raggiungermi solo pochi giorni fa. Poco importa, i temi di cui si parla sono attuali ma mai datati, ahinoi.
Caro Michele,
perfetto il tuo articolo sui problemi dell’Africa in cui metti in luce e condanni (come fa del resto anche Papa Francesco) lo sfruttamento neocolonialista dei Paesi ricchi e quelli di nuova ricchezza (vedi la Cina) ai danni di una popolazione in grande crescita.
Però avresti dovuto (almeno tu) ricordare la piaga di un aumento demografico incontrollato e infinito, a spese delle donne, obbligate a produrre bambini condannati a morire prematuramente o a essere spediti a migliaia senza accompagnamento nei Paesi più ricchi. Credo che il sommesso monito di Papa Francesco a “non fare come i conigli” dovrebbe servire a porre l’accento su questo problema di cui le prime vittime sono proprio le popolazioni africane e in primo luogo le donne e i bambini.
Cari saluti,
Fulco Pratesi
Quella demografica è sempre stata una delle grandi questioni poste dal movimento ecologista mondiale. Almeno dal 1970 si levano allarmi. Anche se la situazione negli ultimi anni è cambiata e più studi dimostrano che il tasso di crescita è in calo; l’Onu ha addirittura lanciato un allarme sulla crescita zero. Insomma, se la bomba demografica tormenta ancora una parte del mondo, la crisi delle nascite è il lato oscuro del ricco modello occidentale, in particolare nord europeo.
L’Africa sembra vittima di una maledizione eterna che le impedisce di superare i suoi problemi: mancanza d’infrastrutture, deficit di democrazia, corruzione, debito estero, sovrappopolazione e, non ultimo, sfruttamento delle risorse naturali (perlopiù da parte di altri).
Il missionario comboniano Giulio Albanese insiste su un punto: per risolvere questi drammi occorre prima di tutto sconfiggere certe malefiche opinioni. Come quella, ad esempio, che l’Africa sia povera, mentre in realtà è soltanto impoverita. Nel suo libro “Hic sunt leones” a proposito della sovrappopolazione scrive: «Ammettiamolo: siamo terrorizzati dall’idea che gli africani siano troppo prolifici e che con altri popoli possano invadere il Nord del mondo, infestando le nostre città con delinquenza e malattie. Certamente, il problema della sovrappopolazione è reale, ma allora affrontiamolo in maniera intelligente. Gli italiani, quando hanno cominciato a fare meno figli? Nel dopoguerra, con il boom economico degli anni ’60. Una scelta condizionata dal crescente benessere e non certamente volontaria come indicato da Diamond. E allora mettiamoci in testa una volta per tutte che la questione demografica è l’effetto del sottosviluppo, prima ancora che esserne la causa».
Una ricetta chiara. Dopodiché si aprono nuovi interrogativi. Che vanno dal delicato e spesso contraddittorio rapporto fra benessere e sostenibilità all’inquietante dubbio: non sarà che il troppo progresso finirà col trasformarci in dinosauri?
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