Il contingente di specie floristiche insediato nelle residue torbiere è una delle componenti di maggiore interesse naturalistico della biodiversità propria del Sile, con specie che rappresentano un archivio prezioso di rarità botaniche, relitti di un lontano passato giunti sino a noi e oggi alle soglie dell’estinzione nella Pianura Veneta.
In pianura la specie tipica delle torbiere è il Giunco nero (Schoenus nigricans), con infiorescenze composte da 5-10 spighette di colore bruno-nerastro; questo piccolo giunco rappresenta l’elemento edificante della torbiera contribuendo alla produzione della materia organica che in parte si decompone e in parte si accumula sotto forma di torba.
Tra i cespi di Giunco nero si trovano altre specie di prateria umida, come la Carice di Davall (Carex davalliana), molto più diffusa in ambiente alpino, dove raggiunge anche i 2500 m di altezza.
Di valore assoluto l’Erioforo a foglie larghe (Eriophorum latifolium), una pianta delle torbiere montane, che s’incontra fino i 2000-2200 m di altezza. In maggio è facilmente riconoscibile per i caratteristici pennacchi pendenti di candida peluria; oggi, a causa della distruzione dei biotopi adatti, è una delle specie più a rischio di estinzione.
Non è da meno il Trifoglio montano (Trifolium montanum), che a nord si estende fino alla Scandinavia meridionale, a sud si trova sulle montagne; a differenza del comune Trifoglio strisciante, è una pianta eretta di 15-40 cm, con infiorescenze sferiche di colore bianco.
Rarissimo poi il Garofano a pennacchio (Dianthus superbus); in Italia si trova lungo l’arco alpino, fino a 2200 m di altitudine, con il fiore dal bianco al rosa-lilla e i petali tipicamente frangiati; fiorisce da giugno ad agosto.
Infine, tra agosto ed ottobre fiorisce la Genziana di palude (Gentiana pneumonanthe), con bellissimi fiori campanulati di colore blu intenso, sfumati longitudinalmente di verde. In Italia è diffusa in ambiente alpino, sull’Appennino settentrionale e in Abruzzo. Nella Pianura Padana è rarissima a causa della distruzione dell’habitat.
Queste specie sono evidenti relitti della flora microtermica giunta in pianura durante l’ultima glaciazione di Würm. Finito il periodo glaciale, con il ritiro dei ghiacci, la maggior parte delle specie ritornò negli ambienti a clima idoneo, ma alcune di queste hanno potuto sopravvivere con popolazioni più o meno consistenti in particolari ambienti di pianura, dove si stabilirono definitivamente, grazie a microclimi fresco-umidi, tra cui appunto nei pressi delle acque costantemente fresche delle risorgive.
Così, mentre i grandi Mammut si estinguevano, queste piccole piante tenacemente sopravvivevano, ma la cosa più emozionante è che sopravvivono ancora oggi, nonostante l’incessante opera di distruzione dell’Homo sapiens che continua a minarne l’esistenza.
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