Il primo e più banale consiglio che vi posso dare è il seguente: se sta piovendo e le previsioni non fanno presagire nessuno spiraglio di sole, statevene a casa!
Pedalare sotto la pioggia non è di per se né piacevole né sicuro. L’abbigliamento di un ciclista da corsa non potrà mai essere perfettamente stagno per un lungo periodo, la pioggia impedisce di vedere bene, anche indossando occhiali protettivi, la frenata sarà in parte compromessa e gli spazi d’arresto si allungano notevolmente. Tante volte in discesa, sotto il diluvio, ho dovuto usare i piedi per cercare di rallentare. La tenuta dei nostri risicati copertoncini sul bagnato è aleatoria. La scarsa visibilità aumenta il rischio di essere investiti da altri utenti della strada.
Per non parlare dell’infernale effetto mulino esercitato dalle ruote che spruzzano acqua, fango e sporco sia davanti che dietro. In tal senso, anche senza la pioggia, una strada bagnata o una pozzanghera possono essere devastanti se attraversate a più di 20 chilometri all’ora.
Ma allora chi ce lo fa fare?
C’è sempre un motivo, per esempio: essere impegnati in un lungo viaggio e non potersi fermare, venire sorpresi da un temporale improvviso senza un luogo per ripararsi, iniziare la gita in condizioni variabili che poi sono peggiorate, dover disputare una gara, non poter sopportare l’idea di restare a casa!
Quando la pioggia ci sorprende in bicicletta, se si trova subito un riparo sicuro, meglio fermarsi per decidere il da farsi. Le app meteo e un po’ di capacità d’osservazione posso aiutare a capire quando e se smetterà di piovere. Altrimenti copriamoci con quello che abbiamo e affrontiamo l’acqua con buona lena. Un certo sforzo ci farà patire meno il freddo. Poi una volta che si è del tutto fradici, la sensazione di fastidio si attenua.
Per tenere spalle, braccia e tronco del corpo asciutti, esistono in commercio delle giacchette impermeabili, con la parte posteriore più lunga dell’anteriore, da indossare sopra il normale abbigliamento da ciclista, ormai sono abbastanza sottili da poterle facilmente trasportare con noi in una tasca. Quelle più costose non fanno passare nemmeno una goccia e permettono un minimo di traspirazione. Le altre al massimo riparano per poco tempo e ci si ritrova comunque bagnati dalla pioggia e dal proprio sudore.
Altra piccola invenzione molto utile è un’aletta di plastica semirigida, dal costo contenuto, che si deve incastrare sotto il sellino: ripara la schiena dagli spruzzi sollevati dalla ruota posteriore. Non vi propongo una coppia di parafanghi: assolutamente inguardabili e dal peso insostenibile, almeno per un amante della bici da corsa.
Difficile proteggere in maniera pratica ed efficace le altre parti del corpo dalla pioggia, magari una cuffia da bagno sopra il casco può salvare la testa. Le gambe si possono bagnare: con i pantaloni corti asciugano in fretta, con quelli lunghi, si rimane bagnati, ma non gelati. I piedi sono un problema, le scarpe per bici da corsa sono traforate e leggerissime e si bagnano in un istante, poi le calze non asciugano mai, le galosce per il freddo, spesso non sono impermeabili. Di solito resto con i piedi a mollo fino all’arrivo. Sorvolo sui guanti, le mani si possono bagnare, sono abituate!
Va ancora peggio quando ci si ferma, con gli abiti da ciclista inzuppati addosso. Dopo un attimo si comincia a barbellare dal freddo anche in un ambiente tiepido. Avviene quello che io definisco l’effetto frigorifero. L’evaporazione dell’acqua dai vestiti assorbe energia provocando dei brividi sulla pelle, se possibile è consigliabile cambiarsi quanto prima, portandosi qualche indumento di riserva in macchina. Oppure, sempre se in auto, alzare al massimo il riscaldamento e porre un asciugamano sul sedile per non sporcarlo e bagnarlo integralmente.
Sicuramente Gene Kelly affrontava la pioggia con uno spirito più brillante del mio, ma quello era tutto un altro film!
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