Le potature e gli sfalci effettuati in piena stagione riproduttiva feriscono o lasciano senza riparo i piccoli non ancora in grado di volare. Alcune Amministrazioni locali potano gli alberi e sfalciano prati e cespugli proprio in primavera e in estate, distruggendo i nidi degli uccelli cittadini.
Specialmente nelle aree rurali e lungo i fiumi, nei cespugli si riproducono alcune specie di volatili come germani reali, tuffetti, cannaiole, gallinelle d’acqua e usignoli di fiume. L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) denuncia questa pratica che non solo è eticamente condannabile, ma anche illecita e contraria alle direttive comunitarie.
La violazione del divieto di distruggere o danneggiare i nidi intenzionalmente e disturbare la fauna selvatica durante il periodo della riproduzione comporta, infatti, l’applicazione di sanzioni penali e amministrative. Ma talvolta sono proprio i Comuni a violare queste norme o addirittura i loro stessi Regolamenti.
Alle stessa stregua sono tutelati anche i nidi di rondini, rondoni e balestrucci anche se i nidi sono in grondaie, sottotetti, cavità nei muri. Nel periodo di nidifidicazione è dunque vietato distruggere anche questi nidi costruiti in immobili privati o pubblici.
«Ogni anno in primavera e in estate riceviamo lettere e telefonate in cui cittadini protestano per le potature selvagge ai danni degli uccelli e dei loro nidi» dichiara il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. «Spesso si tratta di potature estreme, le cosiddette capitozzature, che le ditte incaricate eseguono tagliando in maniera eccessiva mettendo in pericolo anche la vita degli alberi. Occorre che le Amministrazioni siano più attente alla biodiversità evitando interventi che uccidono o feriscono gli animali e che danneggiano il verde pubblico».
Il quadro normativo
I nidi sono protetti dalla legge e da alcuni Regolamenti comunali che ne vietano la distruzione. In caso di uccisione di pulli si configura la fattispecie dell’art. 544 bis del Codice penale (Uccisione di animali).
La Direttiva CE 147/2009 sulla Conservazione degli uccelli selvatici, recepita in Italia dalla legge n. 157/1992 (e successive modifiche), intitolata Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, all’art. 3 (Divieto di uccellagione) afferma che “è vietata in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati” e all’art. 21 comma 1, lettera “o” vieta “di prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica”. Quest’ultima è considerata patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale come recita l’art. 1 della stessa legge.
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