Il riscaldamento degli oceani a causa dei cambiamenti climatici non è il solo responsabile della morte a cui molte barriere coralline stando andando incontro. Ad essere chiamate in causa sono, infatti, anche quelle creme solari contenenti l’oxybenzone, un filtro UV molto diffuso che secondo diversi studi contribuirebbe al loro sbiancamento. A ricordarlo in un recente report sul turismo internazionale è Alain St. Ange, Ministro del Turismo delle Seychelles. I biologi hanno osservato, infatti, come l’oxybenzone interrompa la riproduzione e la crescita dei polipi. Purtroppo, una sola goccia in 16milioni di litri d’acqua (l’equivalente di 6,5 piscine olimpioniche) è sufficiente ad arrecare danni gravissimi al reef. La crescente consapevolezza delle conseguenze arrecate alla pelle dall’esposizione ai raggi UV ha negli ultimi decenni incrementato notevolmente l’uso di creme protettive e si stima che ogni anno 14mila tonnellate di lozioni solari finiscano nelle barriere coralline.
È molto probabile che in un futuro prossimo alcune destinazioni turistiche del mondo prendano provvedimenti a beneficio di questi ecosistemi ma anche delle economie locali che dall’esistenza delle barriere coralline traggono grandi vantaggi.
Molti luoghi come le Hawaii, le Isole Vergini e la Florida del Sud stanno cominciando proibire l’uso di creme solari contenenti oxybenzone e non è detto che anche le Seychelles seguano presto questa linea per preservare le barriere coralline per le generazioni future. «È certamente un’ironia crudele che la protezione della pelle richieda un costo tale per l’oceano – ha dichiarato nel report Alain St. Ange –. Fortunatamente, le alternative ci sono, come le protezioni solari a base di diossido di titanio o di ossido di zinco».
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