Cercando un po’ di chiarezza nella melma di informazioni che si sta sollevando sull’argomento trivelle, spunta una domanda meno scontata di quel che sembra: qual è in questo caso la scelta ambientalista?
A un primo sguardo uno può pensare che rispondere sia facile, d’altra parte l’indipendenza dalle energie fossili è un obiettivo che ogni società con una cultura ambientale degna di tale nome, dovrebbe inseguire.
Ma il referendum (ormai lo abbiamo capito) riguarda il prolungamento delle concessioni delle piattaforme estrattive off-shore che si trovano entro 12 miglia dalle coste italiane. Quindi non ci sono in ballo le nuove trivellazioni, cosa non esattamente chiara nello slogan “no-triv”, e quello che è per tutti il referendum sulle trivelle non riguarda le trivelle.
Un altro punto di difficile interpretazione riguarda le materie che vengono estratte, ad esempio nella homepage del portale dedicato al referendum di una grandissima e prestigiosa associazione ambientalista, si tira in ballo esclusivamente il petrolio saltando a piè pari l’argomento gas. In realtà però di 26 concessioni produttive che si trovano entro le 12 miglia, sono solamente 4 quelle che prevedono l’estrazione di petrolio (alcuni dati si possono trovare qui).
Da una parte la confusione comunicativa e dall’altra le questioni numeriche complicano la vita di chi, in buona fede e con poco tempo da dedicare all’informazione, vorrebbe che il nostro impatto negativo sull’ambiente fosse attenuato.
Anche se ne volessimo fare – come molti sostengono – una scelta di principio, non sarebbe comunque così automatico pensare che il sì sia la scelta ambientalista. Del resto l’energia fossile non è il futuro, ma purtroppo è il presente dei nostri consumi e si rischia semplicemente di spostare il problema altrove.
E anche quella piccola e insignificante quota di idrocarburi che estraiamo “in casa” dovremmo andare a prenderla lontano, con altri rischi e altri consumi.
Insomma, ci sono parecchie cose su cui riflettere e questa volta bisogna dirlo: la poca trasparenza delle informazioni passate dalle associazioni ambientaliste rende ancor più difficile una presa di posizione.
In una pessimistica proiezione, potremmo dire che chi ha a cuore l’ambiente uscirà comunque sconfitto dal referendum, a prescindere dall’esito.
Se da una parte serve un segnale forte contro la dipendenza dalle energie fossili, dall’altra non si può negare che siamo una cultura ancora ben distante da una presa di coscienza. Abbiamo ancora troppo bisogno di un vantaggio economico per assumerci la responsabilità di scelte che rispettino l’ambiente.
Le nostre abitudini sono l’ostacolo più difficile.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com