Sono ormai sempre più numerosi, un po’ in tutto il mondo, il progetti sperimentali ma anche le aziende (per lo più legate al mondo bio) che applicano sistemi di lavorazione dei terreni agricoli che limitano o addirittura evitano del tutto le arature e le erpicature profonde.
Uno dei primi a diffondere questo nuovo approccio è stato il famoso contadino-divulgatore Masanobu Fukuoka ( 1913-2008), il padre della agricoltura naturale o del non fare, come lui stesso la definiva, poiché l’obiettivo della sua ricerca è sempre stato ridurre al minimo gli interventi dell’Uomo sui processi naturali. Fukuoka insegnava tecniche di semina direttamente su terreni inerbiti, per lo più da leguminose.
L’agricoltura del non fare di Fukuoka nasce dall’osservazione della natura e del terreno per comprendere quali sono i processi naturali che permettono di mantenere il suolo un organismo autonomo e in grado di rigenerarsi senza l’intervento dell’uomo, dunque senza fertilizzanti. Sono le piante stesse che aiutano a mantenere la fertilità del terreno. Nell’agricoltura del non fare l’orto, ma anche il campo coltivato, vanno progettati in modo che siano autonomi e che non richiedano troppi interventi da parte dell’uomo.
L’agricoltura del non fare di Fukuoka è stata diffusa in Europa soprattutto dall’agronoma spagnola Emilia Hazelip e da tale approccio si sono poi sviluppate altre correnti di pensiero e relative tecniche colturali come quelle dell’agricoltura sinergica e, a partire dall’Australia, della permacultura.
Nonostante le buone rese e gli indubbi vantaggi di queste tecniche, sono ritenute da molti operatori del settore poco realistiche e, quindi, non adatte alle richieste dell’agricoltura industrializzata e intensiva.
Vantaggi e tecniche della non-aratura
Eppure è indubbio che limitare, o almeno ridurre significativamente, le lavorazioni meccaniche dei terreni e in particolare l’aratura profonda comporti una serie di vantaggi, a cominciare appunto dal garantire ai terreni stessi una migliore vitalità. In sintesi gli aspetti positivi dell’eliminazione dell’aratura sono i seguenti:
- Maggiore conservazione o aumento della sostanza organica.
- Aumento della porosità canalicolare grazie all’attività dei microrganismi e delle radici, anche delle cover crops, o colture di copertura.
- Maggiore capacità di infiltrazione dell’acqua.
- Minore compattamento dei terreni.
- Minore scorrimento superficiale e ridotto impatto sul suolo. Aspetto importante non solo in termini puramente agronomici, ma anche ai fini dell’immagine di un’agricoltura che incide meno sulle risorse naturali.
- Maggiore portanza del suolo.
- Sequestro della CO2 atmosferica.
- Riduzione dei costi: viene consentito un uso ridotto di carburante e si richiede minor potenza alla trattrice.
Riduzione dei tempi di lavoro, con conseguente maggiore disponibilità di tempo per altre occupazioni dentro e fuori dall’azienda.
Ecco allora che un po’ in tutto il mondo si stanno mettendo a punto tecniche industriali con l’impiego di attrezzi che fessurano il terreno o lo bucherellano, senza rovesciarlo e tagliarlo in grosse zolle, la cui esposizione all’aria ed a sole distrugge quella microfauna batterica che appunto garantisce la vitalità e la fertilità dei suoli, che poi deve essere integrata con l’impiego della concimazione artificiale, per lo più di tipo chimico.
Se poi si abbinano queste tecniche di non aratura con la copertura di materia organica di qualità, si innescano processi fermentativi in grado di arricchire progressivamente il terreno tramite la formazione di humus. Ma l’aspetto fondamentale è che seguendo questa metodologia di non aratura, come già accennato, si imprigiona anidride carbonica (Co2) nel terreno intervenendo in maniera virtuosa nel famoso ciclo perverso che incrementa l’effetto serra del Pianeta e i drammatici cambiamenti climatici in corso. Addirittura uno studio svolto dalla società Ecofis per l’Italian Biogas Council-IBC spiega che se l’agricoltura mondiale fosse gestita con questo metodo potrebbe compensare da sola gran parte delle attuali emissioni di Co2!
Si tratta, dunque, di una serie di aspetti di notevole importanza che, grazie anche agli incentivi che l’Unione Europea mette a disposizioni nella sua PAC per spingere sempre di più verso una “Green Agricolture”, possono portare l’agricoltore a decidere sin da subito di eliminare l’aratura, senza necessariamente convertirsi al biologico o ad approcci ritenuti “estremi” come quelli ricordati in precedenza, ma semplicemente applicando una delle seguenti metodologie alternative (e ve ne sarebbero anche altre):
- La minima lavorazione del terreno, che viene effettuata intorno ai 15-20 cm di profondità cercando di preparare il letto di semina in un unico passaggio. Questo tipo di lavorazione è indicata generalmente per tutte le colture a seminativo, fatta eccezione per la bietola. Nell’ambito della minima lavorazione, un’ulteriore tecnica è poi lo strip-till o lavorazione a strisce.
- Il sodo, cioè la semina diretta sui residui colturali del raccolto precedente in un solo passaggio, senza smuovere il terreno.
Insomma, se si volesse davvero esplorare la convenienza (anche economica) di questo tipo di approccio le tecniche ci sono e possono essere immediatamente impiegate, senza necessariamente diventare seguaci di Fukuoka.
E arrivare, dopo 10.000 anni, alla rivoluzionaria “rottamazione” dell’aratro.
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