Per il terzo anno consecutivo il numero di rinoceronti uccisi in Sud Africa è in calo. È quanto emerge dal report del South African Department of Environmental Affairs, che ha spiegato come nel 2017 siano stati 1.028 gli animali uccisi. Un numero inferiore rispetto ai dati del 2016 – 1.054 rinoceronti uccisi per mano dei bracconieri – e del 2015, con 1.175 rinoceronti morti.
La cifra poi è decisamente in calo se rapportata a quella del 2014, annus horribilis durante il quale i trafficanti di corni ammazzarono 1.215 rinoceronti.
«La notizia della riduzione del numero di rinoceronti uccisi in Sud Africa per il terzo anno consecutivo è davvero incoraggiante ma non bisogna abbassare la guardia – ha spiegato Margaret Kinnaird, Wildlife Practice Leader,del WWF – . Dobbiamo intensificare gli sforzi per fermare la corruzione che facilita questo commercio e sensibilizzare il comportamento dei consumatori, specialmente in Asia, in modo da fermare la domanda di prodotti ricavati dalla caccia illegale di specie selvatiche, tra cui il rinoceronte».
La longa manus delle organizzazioni criminali
I dati hanno evidenziato come la quasi totalità delle uccisioni avvenga nei territori a ridosso del Kruger National Park dove vive la più grande popolazione di rinoceronti del Sud Africa. Qui i bracconieri sanno di potere agire indisturbati, poiché l’area non è sotto il presidio dei rangers che controllano il parco. L’azione criminale ha così mano libera, certa di alti guadagni e di bassi rischi.
Non ci sono solo i rinoceronti nel mirino del cacciatori; il bracconaggio sta esercitando una pressione sempre più forte anche su altre specie animali: nel 2017, infatti, 67 elefanti sono stati uccisi all’interno del Kruger National Park.
Ripercussioni anche sulla società
Ma c’è anche un altro effetto collaterale del bracconaggio, quello che investe il tessuto sociale dei centri abitati coinvolti. La costante esposizione delle comunità locali alle organizzazioni criminali sta portando corruzione, conflitti e insicurezza, contribuendo a disgregare il tessuto sociale delle comunità stesse . «Questi crimini contro natura coinvolgono anche le persone che vivono vicino ai parchi e che si espongono in questo modo ai gruppi criminali, connessi a loro volta alle organizzazioni internazionali – ha aggiunto Jo Shaw, il direttore dell’African Rhino Programme del WWF International -. Per rafforzare la prevenzione e la repressione abbiamo bisogno che il nostro governo collabori costantemente con le istituzioni internazionali, il settore privato e la società civile. Al contempo è anche importante agire per sensibilizzare le popolazioni che vivono nelle vicinanze delle aree protette, facendo loro capire quale sia il modo migliore di trarre vantaggio dalla protezione della fauna selvatica».
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com