Da questa mattina ho percorso più volte le piste di sabbia del Bwabwata N.P., area protetta all’estremo ovest di quella sottile striscia di terra chiamata Caprivi che estende la Namibia fino a raggiungere il fiume Zambesi al confine con lo Zambia. La curiosa appendice della ex colonia tedesca fu una concessione della regina Vittoria all’imperatore Edoardo II che durante una cena si lamentò con la sovrana del fatto che quasi l’intera Africa apparteneva alla Gran Bretagna e che la piccola e poco fertile Namibia concessa alla Germania non aveva nemmeno uno sbocco via fluviale sull’oceano Indiano. Si dice per soddisfare la richiesta dell‘imperatore la regina chiese una mappa, una matita ed una riga e senza esitazione tirò due linee rette, parallele per prolungare i territori Namibiani fino al fiume Zambesi.
Oggi tra i confini del Caprivi si trovano diverse aree protette e parchi nazionali, dove vivono numerosissime specie animali. Nel Bwabwata, al confine con il Botswana è facile incontrare elefanti, zebre, impala e diverse altre antilopi, come la rara antilope di Roan, e con un po’ di fortuna, o meglio ancora con l’accompagnamento di una buona guida, è possibile vedere leoni, leopardi, ghepardi e licaoni.
Le ore migliori per fotografare la fauna africana sono indiscutibilmente le prime della giornata e quelle più prossime al tramonto, sia per via della luce più calda che per la maggiore attività degli animali. Ma le condizioni meteo non si possono controllare e la luce non sempre è quella voluta.
Anche l’umidità nell’aria o la presenza di polvere trasportata dal vento possono riservare cattive sorprese, fungendo da filtro naturale al sole e riducendo drasticamente l’illuminazione.
Capita quindi di trovarsi di fronte a situazioni straordinarie, come solo l’Africa sa offrire, ma con condizioni complicate per chi ama la fotografia e vorrebbe portare a casa immagini perfette e dettagliate. A questo punto un piano “B” può essere necessario per evitare la depressione del fotografo insoddisfatto. Una volta definito che la luce non è più sufficiente per scattare immagini tradizionali – invece di portare oltre ogni limite la macchina fotografica, aumentando la sensibilità del sensore e spalancando il diaframma con rischio di caduta di qualità dell’immagine e maggiore difficoltà per la messa a fuoco – personalmente preferisco fare di necessità virtù, impostando un tempo di scatto ulteriormente più lento (1/8 di secondo per l’occasione), concentrandomi sul movimento dei soggetti e cercando immagini poco convenzionali, ma forse più creative.
Il momento dello scatto
Impostata la macchina fotografica in modalità di ripresa a priorità di tempi, cercai situazioni dinamiche, come ad esempio un branco di impala in fuga per l’arrivo di un’auto di turisti o per il sopraggiungere di un elefante. Decisi di utilizzare un obiettivo 80/200 F2,8 in quanto mi garantiva grande agilità di movimento, limite fisico per un qualsiasi super teleobiettivo, sia per questioni di ingombri, che di peso. Al mio lato, sul sedile passeggero tenevo montato su un secondo corpo macchina un 17/55 pronto per eventuali incontri più ravvicinati. La foto in questione ritrae un impala femmina che segue il suo branco. Per ottenere l’effetto dall’immagine mirai l’animale e dopo aver scattato lo seguii nel suo movimento, come se avessi dovuto scattare una lunga sequenza di immagini. Così facendo l’effetto non è quello classico del panning, cioè con soggetto “congelato” e sfondo in movimento, ma per via del tempo estremamente lento, il soggetto in primo piano si mostra quasi in trasparenza, offrendo un’interpretazione più personale.
Dati tecnici
Data: 20 Luglio 2018
Corpo macchina: Nikon D2X Obiettivo: Nikon 80/200 f2,8 Apertura diaframma: F20
Tempo otturatore: 1/8
Sensibilità sensore ISO auto – _____ Flash: no
Modo di ripresa: S (priorità di tempi)
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