La plastica con cui vengono realizzate le bottiglie dell’acqua e tanti altri manufatti, il cosiddetto PET (polietilene tereftalato, appartenente alla famiglia dei poliesteri), è considerata uno dei maggiori pericoli per l’ambiente perché è molto resistente alla scomposizione, quindi sopravvive intatta per lungo tempo e deve essere smaltita in modo complesso e costoso.
A differenza dei polimeri naturali (come la cellulosa), la plastica in generale non è biodegradabile. Si stima che nel mondo vengano prodotte ogni anno oltre 300 milioni di tonnellate di PET, di cui solo il 14% (stime del World Economic Forum) viene raccolto e riciclato.
In natura finora si conosceva solo un fungo, raro e difficile da coltivare, in grado di scomporre la plastica. Ma finalmente alcuni ricercatori giapponesi hanno trovato un microbo in grado di attaccarla.
Come ha dichiarato uno dei coautori della scoperta, il giapponese Kohei Oda microbiologo al Kyoto Institute of Technology: “Il batterio ha la capacità di degradare il PET in CO2 e acqua”. La nuova specie di batterio è stata battezzata Ideonella sakaiensis. In laboratorio ha “digerito” completamente un sottile film di PET in 6 settimane, alla temperatura di 30 °C.
Questa scoperta apre la strada a importanti applicazioni, perché potrebbe aiutare a sviluppare una tecnologia in grado di riciclare veramente le ingenti quantità di PET che vengono gettate nei rifiuti e infestano ogni angolo del Pianeta. I ricercatori, infatti, hanno già isolato nel DNA del batterio il gene dell’enzima che digerisce il PET. Si potrebbe, quindi, riprodurlo industrialmente.
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