Dopo 12 anni, Sea Shepherd alza bandiera bianca. L’associazione ambientalista guidata dal capitano Paul Watson ha annunciato che quest’anno non intende intraprendere con la propria flotta le operazioni di contrasto alla caccia alle balene compiuta dal Giappone nell’Oceano Antartico.
Il perché della scelta
L’annuncio ha colto tutti di sorpresa. In una nota, Watson ha spiegato che la scelta, seppur sofferta, è stata maturata dalla consapevolezza di non poter più competere con la flotta baleniera Giapponese. «Abbiamo recentemente scoperto che il Giappone utilizza tecnologie militari per il controllo della nostra flotta – ha detto il capitano -. Le navi di Sea Shepherd sono monitorate in tempo reale, e questo rende molto difficile il nostro lavoro. È un gap tecnologico troppo profondo, che sappiamo di non essere in grado di colmare. Come associazione ambientalista possiamo contare su poche risorse e preferiamo impiegarle dove sappiamo di poter riuscire a fare la differenza». Inoltre, pesano anche le recenti leggi approvate dal Giappone che considerano atti terroristici le azioni di contrasto in mare da parte della associazione ambientalista.
I risultati di 12 anni di battaglie
Dal 2005, l’anno della prima campagna, ad oggi Sea Shepherd stima che siano state salvate dagli arpioni dei giapponesi oltre 6mila balene. «Grazie alle nostre battaglie tante balene sono state salvate – ha aggiunto Watson -. A partire dal 2015 siamo riusciti a ridurre la quota massima annuale di balene cacciabili dalle navi Giapponesi, portandolo da 1000 a 333. Questo significa che ogni anno tante balene verranno risparmiate ancora».
Intanto, l’associazione ha fatto sapere che continuerà le sue battaglie a favore del mare. Il prossimo impegno, in ordine di tempo, è quello per fermare il Grindadráp, la mattanza di globicefali che ogni anno insanguina le acque al largo delle isole Fær Øer.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com