Lo scorso 21 dicembre, a ridosso delle feste natalizie, con un ritardo di oltre 10 anni, la Corte di giustizia europea si è espressa sulla legge italiana del 2012 che vieta i sacchetti di plastica monouso. E la sentenza, se fosse applicabile – ma per fortuna non lo è, e vedremo perché – farebbe fare gravissimi passi indietro la lotta all’inquinamento da plastica.
I giudici europei, infatti, hanno sancito che la normativa italiana che ha vietato la vendita di sacchetti monouso non biodegradabili e non compostabili viola il diritto comunitario.
A vincere la causa è stata una multinazionale degli imballaggi, che si era opposta alla normativa italiana rivolgendosi al Tar del Lazio. Il quale si è poi rivolto alla Corte Europea.
Il decreto del 2012 sui sacchetti per l’asporto di merci, che ha messo al bando i sacchetti in plastica tradizionale per l’asporto di merci, sostituiti da quelli in plastica biodegradabile, ha contribuito sia a cambiare il materiale utilizzato per i sacchetti (il polietilene – PE) con polimeri biodegradabili, sia a far diminuire il consumo complessivo di sacchetti. In seguito all’entrata in vigore della norma, infatti, non si è assistito alla sostituzione “uno a uno” dei sacchetti in plastica tradizionale con la bioplastica, ma si è ottenuta una drastica diminuzione del consumo totale di sacchetti.
Una sentenza anacronistica
Torneremo a utilizzare shopper di plastica nei supermercati? No, perché la sentenza della Corte Europea è stata nel frattempo superata da altre direttive europee ispirate alla norma italiana.
«Ce l’aspettavamo – commenta Luca Bianconi, Presidente di Assobioplastiche – ma, per sgombrare il campo da equivoci, è bene sottolineare che la sentenza riguarda il “vecchio” ordinamento. La normativa europea sugli imballaggi è, com’è noto, nel frattempo positivamente evoluta e ora c’è la direttiva shopper, che consente i divieti e obbliga gli Stati a intervenire sui sacchetti. Il decreto ministeriale del 2013 contestato non c’è più e c’è una nuova normativa di recepimento della direttiva shopper, che non è messa in discussione dalla sentenza. Ci tengo a precisare, quindi, che l’attuale normativa sulle bioplastiche che recepisce la direttiva shopper del 2015 è perfettamente in vigore avendo seguito tutte le procedure previste. Purtroppo, quando non si riescono a trovare elementi di sostanza contro normative pioniere che hanno anticipato l’evoluzione stessa del diritto europeo, ci si appella a forma e procedure. Ci siamo abituati, ma i fatti sono dalla nostra parte».
Se questa considerazione può far tirare un sospiro di sollievo a tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente, nondimeno solleva un preoccupante precedente: la Corte UE, infatti, ribadisce il primato di regolamenti e direttive europee. La Corte stabilisce che se uno Stato membro vuole introdurre misure ambientali più restrittive deve concordarle con l’Europa e fornire delle spiegazioni se necessario. Viene, ovvero, stabilito il principio per cui la normativa nazionale, se non conforme, possa essere disapplicata.
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