Torno a parlare di shopping compulsivo dopo avere letto l’articolo di Marta Frigerio sul sondaggio condotto da Greenpeace. Roba da matti: «il 46% degli intervistati ha detto di avere nel guardaroba vestiti mai indossati o con ancora l’etichetta attaccata».
Domandarsi perché facciamo così significa partire col piede sbagliato. Finiremmo con l’offrire il destro ad analisti e studiosi dei comportamenti di massa che ci restituiranno mille ragioni frivole almeno quanto le condotte indagate. E la questione sarebbe ridotta a un curioso costume dei nostri tempi. Insomma un siparietto buono per chiacchiere da salotto.
Non c’è alcun bisogno di esplorare i motivi espliciti e inconsci per cui consumiamo più del necessario. Basta prenderne atto. E agire di conseguenza.
Per quel che mi riguarda è cominciato tutto per caso.
Parecchi anni fa, la chiusura consensuale di un rapporto di lavoro che si trascinava con reciproca stanchezza mi regalò improvvisamente del tempo. All’inizio qualche euro mensile in meno nelle tasche parve tanto, ma a mano a mano che trascorrevano le settimane compresi quale meravigliosa occasione mi si era parata di fronte: una nuova vita da progettare.
La prima decisione fu quella di dedicarmi con rinnovato impegno al lavoro superstite: più attenzione alla qualità di ciò che produco, nel caso specifico, che scrivo. Le ore rimanenti scelsi di destinarle ai passatempi, vecchi, nuovi e dimenticati. Qualche visita in più alle bancarelle di libri vecchi o introvabili, una ritrovata alleanza con la bicicletta che avevo colpevolmente abbandonato e tanta, tanta corsa.
Il resto è venuto da sé e senza sforzi particolari tutti i miei consumi si sono ridotti. Capitolo abbigliamento: per indossare fino all’usura tutto ciò che ho nell’armadio ci vorrà ancora molto. E siccome finisco per infilarmi, salvo rare volte, gli stessi capi, il resto del guardaroba si conserva intatto invocando un’uscita all’aria aperta. Possiedo la stessa automobile da dieci anni. Prima sostituivo la vettura ogni tre con regolarità imbarazzante. Ora sto valutando di disfarmene, considerato che mia moglie possiede a sua volta un’automobile.
Qualche vecchio amico mi rimprovera: “se facessimo tutti come te, il mondo andrebbe in malora”.
Guarda un po’, mi ero quasi convinto del contrario.
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