Il rinoceronte è in grave pericolo e la minaccia principale per la specie è rappresentata dall’uomo.
È questo il grido d’appello lanciato dal WWF che ha spiegato come l’iconico animale potrebbe scomparire nel giro di pochi decenni. Secondo le più recenti stime, infatti, in Natura ne resterebbero solo 30mila individui, distribuiti in Asia e in Africa.
In Natura ne sopravvivono 5 specie
Oggi sopravvivono in Natura 5 specie di rinoceronte.
- In Asia sono presenti 3 specie differenti: il Rinoceronte di Sumatra(Dicerorhinus sumatrensis), il Rinoceronte di Giava o della Sonda (Rhinoceros sondaicus) e il Rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis).
Tuttavia, le popolazioni di rinoceronti di Sumatra e di Giava, con poche decine di esemplari ancora presenti in Natura, sono prossime all’estinzione e, secondo le stime del WWF, in Asia le tre popolazioni conterebbero meno di 5mila individui complessivi.
- In Africa invece, sono presenti due specie: il Rinoceronte bianco (Ceratotherium simum) e il Rinoceronte nero (Diceros bicornis).
La maggior parte dei rinoceronti presenti in Natura sono Ceratotherium simum: se ne contano circa 20mila individui, stanziati nelle aree protette del continente africano.
La popolazione di Diceros bicornis ammonta, invece, a non più di 5mila individui.
Proteggerlo è un vantaggio
La colpa del declino della specie è da imputare essenzialmente all’uomo, che caccia il rinoceronte per il suo corno, ingrediente centrale della medicina tradizionale cinese.
Ma i rinoceronti valgono più da vivi che da morti: il rinoceronte riveste anche un importante ruolo economico e sociale, legato al reddito prodotto dalle aree protette e dal turismo a esse associato.
«La sua conservazione può fornire opportunità per incrementare il flusso di benefici economici verso i Paesi che li proteggono – spiega il WWF.
Uno studio condotto nel 2015 ha stimato, infatti, che il turismo legato alla grande fauna africana crei introiti per 124 miliardi di dollari all’anno, e che potenzialmente i guadagni raggiungeranno i 262 miliardi di dollari entro il 2030».
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