Il territorio montano europeo rischia di perdere la sua biodiversità.
A lanciare l’allarme è uno studio realizzato dallo sforzo congiunto di 12 paesi europei facenti parte del network EuropeanBird Census Council (EBCC), cui aderisce anche l’Italia.
Studiate 44 specie
La ricerca, che ha visto anche a partecipazione degli italiani Tommaso Campedelli e Gianpiero Calvi, ha esaminato le popolazioni di 44 specie di uccelli comuni di montagna nelle aree montagnose della Fennoscandia, delle isole britanniche, delle Alpi e Appennini (considerati congiuntamente ai fini della ricerca) e, infine, della penisola iberica. Tra le specie di montagna studiate, 22 sono state considerate stabili, 8 hanno mostrato trend positivi mentre ben 14 sono risultate in diminuzione. Tra le specie più minacciate ci sono il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), la pernice bianca nordica (Lagopus lagopus), la pispola (Anthus pratensis) e il culbianco (Oenanthe oenanthe).
Popolazioni in costante calo
Le popolazioni in diminuzione hanno fatto registrare un calo compreso tra il 7 e il 10% nei dodici anni tra il 2002 e il 2014.
«La situazione degli uccelli di montagna in Europa è dunque peggiore rispetto a quella, ad esempio, delle specie forestali – spiega la Lipu –. L’indicatore europeo, per queste ultime, è diminuito nello stesso periodo solo dell’1% risultando dunque praticamente stabile».
Quali sono le cause
Oltre che dai cambiamenti climatici, le popolazioni degli uccelli di montagna sono minacciate dalle modifiche nell’uso del suolo. La diminuzione della pastorizia ha, ad esempio, portato in numerose aree delle Alpi e degli Appennini a fenomeni di riforestazione con perdita di pascoli. Questi cambiamenti, secondo i ricercatori, potrebbero avere effetti negativi sulle specie montane che prediligono ambienti aperti e che dunque non dispongono più di habitat a loro idonei.
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