I terremoti sono generati da faglie, ovvero grandi piani in corrispondenza dei quali porzioni della crosta terrestre si muovono (in tempi geologici) l’una rispetto all’altra parallelamente al piano della faglia stessa.
La velocità media con cui questo processo avviene, chiamata “slip rate”, è un parametro cruciale, perché quantifica il potenziale di ciascuna faglia all’interno dei modelli elaborati per valutare la pericolosità sismica di una data regione.
Attraverso un’innovativa analisi multidisciplinare, risultato delle osservazioni geodetiche di circa 20 anni e di un gran numero di dati aggiornati sulla direzione dello sforzo tettonico, è ora possibile quantificare la velocità del movimento delle faglie attive dell’Appennino centrale. Questo approccio potrebbe essere decisivo per determinare meglio la velocità del movimento delle faglie in un modo completamente innovativo e complementare alle classiche ed affidabili tecniche geologiche
Questo particolare studio – “Partitioning the Ongoing Extension of the Central Apennines: Fault Slip Rates and Bulk Deformation Rates from Geodetic and Stress Data” – ha coinvolto competenze geodetiche, geologiche e modellistiche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ed è stato condotto in collaborazione con il Department of Earth, Planetary, and Space Sciences dell’University of California di Los Angeles (UCLA).
La ricerca è atat pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Geophysical Research – Solid Earth.
«Questo lavoro è la prima ricerca a livello europeo che mira esplicitamente a determinare lo ‘slip rate’ di tutte le faglie attive presenti in un’importante area sismica, usando congiuntamente informazioni di diversa natura attualmente disponibili nel campo delle geoscienze, come i dati GPS e quelli che descrivono l’orientazione del campo dello sforzo in un materiale viscoelastico, quale è la crosta terreste» spiega Michele Carafa, autore della ricerca.
«Avere dei primi dati per capire se, nell’arco degli ultimi 15-20 anni per i quali esistono misure geodetiche accurate, il comportamento del volume di roccia adiacente alla faglia sia compatibile con le stime disponibili di ‘slip rate’ di lungo termine, ovvero quelle basate su metodi geologici […] ci permetterà di capire e stimare meglio le forze responsabili dell’evoluzione tettonica degli Appennini e, quindi, in prospettiva di valutare con maggior accuratezza la pericolosità sismica della regione» conclude Michele Carafa.
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