Riscrivere la storia evolutiva dei lupi italiani, per capirne di più sulla specie e comprendere i processi di domesticazione che hanno portato alla nascita del cane.
Per farlo, i ricercatori dell’Università di Bologna hanno analizzato i resti di diciannove esemplari vissuti tra 25.000 e 1.000 anni fa, per ricostruire la complessa origine di questi animali dai tratti unici.
La ricerca – che è stata pubblicata sulla rivista scientifica PeerJ – è frutto della collaborazione tra studiosi dell’Università di Bologna e dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ha sede a Ozzano dell’Emilia, in provincia di Bologna.
Caratteristiche morfologiche uniche
La popolazione di lupi che oggi vive in Italia ha caratteristiche uniche al mondo sia dal punto di vista genetico che da quello morfologico.
«È una peculiarità che deriva da una lunghissima e complessa storia evolutiva, fatta di migrazioni e incontri, ma anche di isolamento e persecuzioni da parte dell’uomo» spiega il team di ricerca che, per la prima volta, ha analizzato in modo sistematico il DNA di reperti biologici appartenenti a lupi rinvenuti nella penisola italiana
L’importanza della diversità genetica
Per cercare di comprendere il percorso evolutivo della specie, i ricercatori hanno estratto e analizzato il patrimonio genetico custodito in denti e ossa riconducibili a diciannove esemplari, che sono stati rinvenuti in tre diverse località dell’Italia settentrionale.
Reperti dal valore unico, dal momento che si tratta dei più antichi reperti biologici italiani di lupo genotipizzati finora.
«L’analisi di questi resti ci ha permesso di ottenere una fotografia del make-up genetico della popolazione lupina presente in Italia tra il Tardo Pleistocene e il Medioevo» spiegano Marta Maria Ciucani e Davide Palumbo, primi autori dello studio.
Dall’analisi genetica dei resti più antichi sono emerse corrispondenze con altri resti dello stesso periodo rinvenuti in Nord America e in Eurasia, ma anche somiglianze con i lupi italiani contemporanei.
«Questi risultati hanno evidenziato una continuità genetica dell’antica popolazione italiana di lupo con quelle coeve localizzate nel nord dell’Eurasia e una importante vicinanza con la popolazione moderna di lupo italiano» conferma Romolo Caniglia, ricercatore dell’ISPRA.
I reperti più antichi e quelli più recenti hanno mostrato, però, significative differenze, segno che suggerisce una progressiva perdita di diversità genetica nel passaggio dal Pleistocene all’Olocene, legata probabilmente all’isolamento geografico della penisola italiana e alla graduale riduzione della popolazione dovuta anche all’attività antropica.
Dal lupo al cane domestico
Analizzando i reperti, i ricercatori si sono imbattuti in un risultato sorprendente. In due dei reperti più antichi, risalenti a circa 25.000 anni fa, è emersa la presenza di un aplotipo – un gruppo di mutazioni ereditate insieme – che oggi è presente in 97 diverse razze canine. Un dato particolarmente interessante, considerato che al momento i primi cani riconosciuti dalla comunità scientifica risalgono a circa 14.000 anni fa. Per saperne di più, servirà ora approfondire questi indizi con nuove analisi e nuovi dati.
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