Un team di ricercatori giapponesi ha studiato meduse e moscerini della frutta per indagare l’origine della motivazione a nutrirsi e gettare nuova luce sui meccanismi alla base della regolazione della fame, scoprendo risultati sorprendenti.
Decenni di ricerche hanno dimostrato che lo stimolo a nutrirsi, cioè la fame, è controllato da ormoni e piccole proteine chiamate neuropeptidi. Essi sono presenti in un’ampia gamma di organismi, come gli esseri umani, i topi, le meduse e i moscerini della frutta. Una tale diffusione suggerisce un’origine evolutiva comune.
600 milioni di anni fa, infatti, le meduse hanno condiviso un antenato comune con i mammiferi. I loro corpi, oggi, sono molto più semplici: possiedono sistemi nervosi diffusi, chiamati reti nervose, a differenza dei mammiferi che hanno strutture più concrete come il cervello o i gangli. Nonostante la loro posizione importante nell’albero della vita, queste creature rimangono poco studiate e non si sa quasi nulla su come controllino l’assunzione di cibo.
La regolazione della fame
Il gruppo di ricercatori, guidato da Hiromu Tanimoto e Vladimiros Thoma dell’Università giapponese Tohoku University’s Graduate School of Life Sciences, si è concentrato sulla Cladonema, una piccola medusa con tentacoli ramificati che può essere allevata in laboratorio.
«Per capire i meccanismi alla base della regolazione dell’alimentazione, abbiamo confrontato i profili di espressione genica delle meduse affamate e di quelle nutrite» ha spiegato Tanimoto.
«Lo stato di alimentazione ha modificato i livelli di espressione di molti geni, compresi alcuni che codificano i neuropeptidi. Sintetizzando e testando questi neuropeptidi, ne abbiamo trovati cinque che riducono lo stimolo ad alimentarsi nelle meduse affamate».
I ricercatori si sono concentrati su uno di questi neuropeptidi – il GLWamide –che inibisce l’accorciamento dei tentacoli, un passaggio cruciale per trasferire la preda catturata alla bocca.
Nella medusa Cladonema, il GLWamide agisce come un segnale di sazietà, un messaggio inviato al sistema nervoso che indica che il corpo ha mangiato a sufficienza.
Meccanismi analoghi nei moscerini
I ricercatori hanno preso in considerazione anche altre specie. Per esempio, nei moscerini della frutta i modelli di alimentazione sono regolati dal neuropeptide myoinhibitory peptide (MIP). I moscerini della frutta privi di MIP mangiano più cibo, finendo per diventare obesi.
È interessante notare che MIP e GLWamide condividono somiglianze nelle loro strutture, suggerendo che sono correlati attraverso l’evoluzione.
«Questo ci ha portato a riflettere sulla possibilità di scambiarle» ha detto Thoma. «E abbiamo fatto esattamente questo, somministrando prima la MIP alle meduse e poi il GLWamide in mosche prive di MIP». Sorprendentemente, il MIP ha ridotto l’alimentazione del Cladonema e il GLWamide nelle mosche ha eliminato il loro eccesso alimentare.
Tanimoto osserva che la ricerca evidenzia le profonde origini evolutive del segnale di sazietà e l’importanza di sfruttare un approccio comparativo.
Lo studio “On the origin of appetite: GLWamide in jellyfish represents an ancestral satiety neuropeptide” è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
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