Ersi, dea della discordia per la mitologia greca, era allo stesso tempo anche dea della carestia e della fame. Guerra e fame, un binomio inscindibile ancora oggi e che continua a colpire le regioni più povere e affamate della Terra.
È infatti tornata virulenta la guerra nel Tigray, regione strategica del Corno d’Africa tra Etiopia ed Eitrea, dove si scontrano e incontrano gli interessi di Emirati Arabi Uniti, Iran, Stati Uniti, Turchia e Cina per il controllo dell’accesso al Mar Rosso.
Il nuovo conflitto nella regione dell’Etiopia è iniziato due anni fa e contrappone il governo federale del primo ministro etiope Abiy Ahmed – che vanta un paradossale Premio Nobel per la Pace – al Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF) che ha guidato l’Etiopia dal 1991 con Meles Zenawi e poi, anche dopo la sua morte nel 2012, fino al 2020.
Il ministro degli Esteri eritreo Osman Saleh ha incolpato le amministrazioni statunitensi che hanno sostenuto il Movimento di Liberazione del Popolo del Tigray negli ultimi 20 anni per l’attuale guerra nella regione settentrionale dell’Etiopia. Dall’altra parte dello schieramento l’Iran continua a essere un partner chiave per l’Etiopia nel conflitto del Tigray, dove finora sono morte circa mezzo milione di persone e più di 1,6 milioni sono state sfollate e dove il popolo muore di fame a causa del blocco imposto dal governo centrale.
Secondo le Nazioni Unite, le scorte di cibo, medicine e carburante nel Tigray sono gravemente insufficienti. Nel Tigray si profila una vera e propria carestia, mentre l’Africa orientale sta vivendo la peggiore siccità degli ultimi 40 anni.
La World Bank ha concesso 300 milioni di al governo etiope e anche a questo si lega la decisione di Abiy di interrompere i colloqui per la pace e rilanciare la campagna militare. Droni dell’esercito etiope forniti da Israele hanno colpito obiettivi militari e civili.
Il sostegno della FAO alla produzione agricola e zootecnica in Tigray
In questo quadro drammatico diventano urgenti gli interventi di sostegno all’agricoltura per garantire un minimo di sussistenza alimentare alla popolazione. Al fine di rafforzare i programmi di emergenza e di resilienza dell’Agenzia in Etiopia, Afghanistan e Sudan, oltre che ad Haiti, nella Repubblica Dominicana, in Burkina Faso, nel Sahel e nella regione dell’Africa occidentale, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha accolto un contributo di 83 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti.
Data la sua missione di porre fine alla fame, la sua lunga presenza nei Paesi e la sua sostanziale competenza ed esperienza in contesti sia umanitari, sia di sviluppo, la FAO ha un ruolo unico da svolgere nel prevenire e affrontare la fame acuta e nel sostenere i Paesi che stanno vivendo crisi alimentari a tornare su un sentiero di crescita e prosperità. Il nuovo contributo è stato annunciato dall’ambasciatore Cindy McCain, rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le agenzie delle Nazioni Unite a Roma.
I fondi sono destinati a migliorare la disponibilità e l’accesso al cibo in contesti di crisi, fornendo aiuti e assistenza tecnica ai piccoli agricoltori e alle comunità che dipendono dal bestiame, concentrandosi sulla produzione agricola e zootecnica.
La FAO intende utilizzare i fondi per migliorare lo stato di sicurezza alimentare di 2.065.000 persone vulnerabili ed emarginate attraverso la distribuzione di prodotti per la coltivazione del grano invernale, strumenti di protezione del bestiame per i pastori nelle aree colpite dalla siccità e trasferimenti di denaro alle famiglie che non hanno accesso alla terra e hanno una forza lavoro limitata all’interno della famiglia.