Il ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato la società petrolifera australiana Po Valley Operations ad ampliare un titolo già esistente estendendo le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro 12 miglia dalla costa, dove, per legge, è vietato lo sfruttamento di idrocarburi. L’area davanti ai litorali della provincia di Ravenna in cui la Po Valley potrà ora trivellare passa da 197 chilometri quadrati a 526 chilometri quadrati.
Nei giorni scorsi Fondo Ambiente Italiano, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF hanno risposto a questa forzatura presentando ricorso presso il TAR del Lazio contro i ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura, e nei confronti della società PO Valley Operations PTY LTD, Regione Emilia Romagna, Comune di Ravenna e ISPRA.
«Fatta la legge, trovato l’inganno», denunciano Fondo Ambiente Italiano, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF che nei giorni scorsi hanno presentato ricorso presso il TAR del Lazio contro i ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura, e nei confronti della società Po Valley Operations PTY LTD, Regione Emilia Romagna, Comune di Ravenna e ISPRA. «Ci troviamo di fronte a quella che noi giudichiamo una palese violazione della legge, – spiegano le associazioni ambientaliste – che ignora quanto già chiarito dal Consiglio di Stato: non si possono modificare in maniera così radicale gli esistenti titoli abilitativi. Questa manovra equivale di fatto a un via libera per poter trivellare i nostri mari ovunque: a due passi dalle coste e dalle spiagge, dalle aree protette, sempre più a ridosso di luoghi ad alto valore turistico, da nord a sud. Un vero scempio».
La riperimetrazione dell’area già concessa alla Po Valley Operations è frutto di un’interpretazione esorbitante dell’articolo 35 del decreto Sviluppo del 2012, promosso dall’allora Ministro allo Sviluppo Economico del Governo Monti Corrado Passera. Quella norma prevedeva la possibilità di derogare al limite delle 12 miglia, facendo salvi i procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data del 29 giugno 2010. Successivamente il Consiglio di Stato ha però chiarito che l’ampliamento di un’area già concessa non rientra in questa fattispecie, anzi costituisce una chiara violazione della legge.
Se invece passerà indenne questa interpretazione del Ministero, si potrà trivellare praticamente ovunque nei nostri mari. « Non consentiremo questa deriva – concludono gli ambientalisti – che viene portata avanti in spregio alla bellezza e alla biodiversità del nostro mare, in danno ad altri settori strategici come il turismo e la pesca e a detrimento delle comunità costiere e di tutto il Paese».
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