«Troverai più nei boschi nei libri», questo è l’ammonimento di San Bernardo da Chiaravalle, che subito dopo aggiunge: «Gli alberi ti insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà»
In origine vi furono eremiti e santi anacoreti sparsi nei deserti di Egitto, Palestina e Siria. Vissero in grotte, piccole capanne di steli o esposti alle intemperie per sfidare la resistenza e le tentazioni demoniache.
La loro testimonianza esercitò una forte ascendenza sulla cultura monastica successiva. Anche in Occidente molti fondatori di ordini religiosi si sono ispirati alla vita dei padri. Per avvicinarsi al trascendente sentirono di nuovo la necessità di stare in mezzo alla natura. Alla città non fu più contrapposto il deserto, ma la foresta che divenne luogo di meditazione e teatro di apparizioni e rivelazioni.
San Benedetto visse per circa tre anni da eremita in una grotta impervia del Monte Taleo protetta da una rigogliosa foresta. In seguito si diede alla predicazione. Quando decise di abbandonare Subiaco, si diresse verso Cassino dove, sopra un’altra altura, fondò il monastero.
Romedio di Thaur, rampollo di una nobile famiglia dell’Alta Baviera, intorno all’anno Mille donò alla Chiesa di Trento beni e diritti posseduti nella valle dell’Inn, ritirandosi a vita di penitenza in un eremo rupestre presso Sanzeno, in Val di Non, avvolto e protetto dal silenzio del bosco.
Romualdo agli inizi del Mille fondò un eremo a Sitria, alle falde del Monte Cucco, in Umbria. Qualche anno più tardi si ritirò in eremitaggio a Camaldoli fra i recessi boscosi dell’appennino tosco-romagnolo, riservando amorevoli cure ai patriarchi verdi.
Non molto distante, sul crudo e impervio Monte della Verna ammantato da infinite faggete, si recava Francesco per pregare e fare penitenza. Lì, nel 1224, il Santo di Assisi ricevette le Stimmate.
Ancora oggi alcune foreste somigliano a luoghi arcaici, dove è possibile fare spazio all’elevazione della mente e dello spirito.
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