Alcuni suggerimenti, ai ciclisti più esperti, sembreranno ovvi mentre altri li ho già accennati in precedenti articoli, ma per completezza d’informazione – e per aiutare i neofiti – mi sembra giusto proporveli tutti insieme in questa occasione.
Tra i dati strumentali che io considero necessari avere sottocchio sul proprio computer di bordo vi è la cadenza di pedalata.
Noterete che i ciclisti più attempati tendono, nel loro incedere, a girare i piedi piuttosto lentamente ma da svariati anni si è capito che una cadenza, sia in piano, sia in salita tra i 70 e 90 giri di pedale al minuto è l’ideale per non accumulare acido lattico e non stancare più in fretta i muscoli delle gambe. Dato che questa pedalata per il neofita non è intuitiva e, anche l’esperto a inizio stagione deve ritrovare la sua cadenza, è bene avere uno strumento che ci indichi questo dato per adeguare il nostro ritmo.
I pedali con gli attacchi per le scarpe sono fondamentali per ottimizzare la pedalata, ma anche la qualità della scarpa e la rigidità della suola sono molto importanti per trasmettere alla ruota tutta la potenza che sprigioniamo pedalando. Più la suola è rigida, meno sforzo faremo a pedalare e per sollevarci sui pedali.
Sollevarsi sui pedali è fondamentale per superare tratti in salita particolarmente ripidi. Durante una lunga ascesa alzarsi dal sellino della bici serve per cambiare la posizione, utilizzando altri muscoli e ridare un po’ di slancio. Può essere una tattica in gara per spaventare l’avversario, che ci valuterà ancora nel pieno delle forze.
In pianura, alzarsi in piedi è un toccasana per alleviare la pressione sui nostri poveri glutei. Sia in pianura che in discesa è l’occasione per fare un po’ di stretching alle nostre gambe anchilosate. Sollevarsi sopra la sella con le gambe leggermente piegate è necessario per superare ostacoli o malformazioni della strada evitando di rimbalzare sul sellino come sacchi di patate. Nell’effettuare uno scatto, per ottenere il massimo risultato, è tassativo balzare in piedi e seguire con la bicicletta gli ondeggiamenti del corpo.
In salita, spingere è intuitivo ma, grazie ai piedi solidali alla bicicletta, è anche importante tirare i pedali verso l’alto. Così facendo si amplifica la forza applicata, si da continuità alla pedalata e si alleggerisce la schiena dalla compressione creatasi spingendo.
Se le condizioni lo consentono, ovvero in caso di pianura, strada liscia, assenza di vento e di traffico, è consigliabile togliere le mani dal manubrio per stiracchiarsi un po’ e raddrizzare la schiena. Questo crea un bel giovamento, oltre ad alleviare il formicolio alle dita delle mani.
Salendo pendenze lievi: dell’ordine del 2 o 3 pct. si può andare molto più forte mantenendo all’anteriore la corona grande (50 denti) e utilizzando posteriormente il penultimo o ultimo rapporto più grande.
La catena, trovandosi in posizione incrociata, non lavorerà in modo ottimale, ma potremo viaggiare molto più forte, con uno sforzo ridotto, rispetto a quello che otterremmo pedalando con la corona più piccola anteriormente (34 denti). Non so spiegarvi con formule matematiche il perché ciò avvenga ma, a parità di somma dei rapporti anteriore e posteriore, la combinazione grande/grande rende molto più di quella piccola/media. Come detto questo vale soltanto nelle salite leggere, altrimenti lo sforzo diventa esagerato e la cadenza troppo lenta.
Per concludere vi parlerò del trenino: un modo di viaggiare, derivato dalle gare d’inseguimento, molto performante per bruciare le lunghe sgroppate in pianura.
L’ideale è coinvolgere un certo numero di amici, oppure trovare, lungo il percorso, un gruppetto di forti pedalatori a cui unirsi. Il primo fa l’andatura e gli altri si accodano, restando molto vicini alla ruota posteriore di coloro che li precedono.
Dopo 500/1000 metri percorsi, il primo si allarga sulla sua sinistra e fa sfilare, sulla sua destra, tutti gli inseguitori per ritrovarsi ultimo. Lo stesso faranno via via a turno tutti gli altri.
Questo gioco può andare avanti per quanto si vuole. Ovviamente chi sta davanti si spreme per tenere la sua massima andatura per poi riposarsi quando è alle spalle.
Inoltre, il capofila ha l’onere di avvertire con gesti convenzionali eventuali ostacoli presenti. Questa pratica necessita di grande concentrazione per non toccarsi a vicenda e per non creare distacchi nella colonna di ciclisti. In questo modo si può andare molto più forte che se si pedalasse in solitudine ma non bisogna distrarsi nemmeno per un attimo, pena un capitombolo generale.
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