Quante volte vi è capitato di trovarvi in un locale affollato e di dover comunicare prima provando ad alzare la voce e poi, per tagliare corto, riassumendo il contenuto del messaggio in una breve frase o addirittura in una parola? Ebbene questo è quello che sta succedendo sott’acqua ai delfini tursiopi, animali estremamente intelligenti e sociali, la cui comunicazione è disturbata dal crescente rumore provocato da natanti e imbarcazioni. La scoperta è stata fatta da un team di ricercatori del Centro di Scienze Ambientali dell’Università del Maryland e della Cornell University (U.S.A.).
I risultati dello studio
Tra i vari suoni che producono i tursiopi per comunicare, il “fischio” è una sorta di firma che trasmette agli altri individui in primis la propria identità, ma anche altre informazioni attraverso la modulazione della forma del segnale. I ricercatori hanno effettuato delle registrazioni in mare aperto (al largo della costa del Maryland nell’Oceano Atlantico), raccogliendo non solo i parametri di frequenza dei fischi dei delfini ma anche il livello di rumore ambientale, dovuto al passaggio delle imbarcazioni, in concomitanza della chiamata dell’animale. Si è osservato così come il fischio del delfino avesse una forma meno complessa durante l’aumento del rumore e soprattutto con frequenze al di fuori dell’intervallo tipico di questi segnali: gli animali dunque hanno modificato il richiamo semplificandolo e riducendo così la perdita potenziale di informazioni dovuta alla sovrimpressione del rumore ambientale. Al momento non è chiaro quali possano essere le implicazioni dell’accorciamento e della semplificazione delle informazioni comunicate, e soprattutto non è noto se cambiamenti di questo tipo, dovuti al rumore esterno, possano anche avere un effetto sull’apprendimento vocale dei giovani esemplari. Tuttavia, come già osservato su specie terrestri, cambiare il modo di comunicare può essere dannoso per l’interazione tra singoli individui, oltre a ridurre il livello di coesione dei gruppi.
L’inquinamento acustico dei mari
Tra le cause principali dell’inquinamento acustico degli ambienti marini vi è il rumore provocato dai motori delle imbarcazioni. Quantità e forma di suono generato e trasmesso in un dato volume d’acqua dipendono dalle dimensioni, dalla tipologia e dalla localizzazione della sorgente. Il rumore ambientale sottomarino provocato dalle imbarcazioni può andare dai 130 ai 170 db, rispettivamente l’equivalente di una strada trafficata e di un concerto rock. Una fonte di disturbo che certamente aumenterà nei prossimi anni, visto il continuo intensificarsi del traffico navale in tutti i mari del pianeta, impattando non soltanto come osservato sulla comunicazione di alcuni organismi marini, ma anche sul loro orientamento. È stato dimostrato infatti che l’erraticità di sorgenti rumorose come navi ed imbarcazioni può indurre per esempio le orche e i delfini a deviare dalla propria rotta o a distrarli dalle battute di pesca.
È chiaro dunque che esiste la necessità di intervenire per ridurre l’impatto acustico delle nostre imbarcazioni sull’ecosistema marino, possibilmente riducendo la velocità di navigazione o costruendo dei motori meno rumorosi. Un esempio in tal senso arriva proprio dall’Italia ed in particolare dal golfo di Napoli. Quest’estate la compagnia di navigazione Alilauro ha investito circa 2 milioni di euro per ridisegnare completamente i motori dell’aliscafo “Celestina”, ribattezzato per l’occasione “Celestina 4.0”. Due motori MTU 16V2000 M72 nuovi di zecca con standard di emissioni Imo Stage II, installati con la collaborazione di MTU e Total, che permettono una notevole riduzione della produzione di inquinanti e al contempo una riduzione consistente della rumorosità sottomarina. Una rivoluzione, quella della flotta Alilauro, che ha coinvolto anche un altro mezzo, il “Nettuno Jet 4.0”, già operativo. I delfini del golfo partenopeo dunque potranno tirare un sospiro di sollievo, anche se la soluzione futura più incisiva per ridurre enormemente le emissioni rumorose sembra essere l’impiego dei motori elettrici nelle imbarcazioni a motore. Chissà quanto dovremo ancora aspettare.
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