Il Dipartimento della pesca dell’Australia occidentale, su ordine del premier Colin Barnett, ha provveduto al posizionamento di reti antisqualo al largo di Falcon Beach, spiaggia a sud di Perth e teatro – negli scorsi giorni – di un attacco da parte di un grande squalo bianco ai danni di Ben Gerring, surfista locale.
I fatti risalgono al 31 maggio: Gerring viene attaccato da uno squalo bianco mentre fa surf. I morsi del grande predatore marino sono feroci e il surfista, che nell’aggressione aveva perso una gamba, muore in ospedale dopo tre giorni.
Proprio prima del tragico evento, uno squalo bianco della lunghezza di tre metri era stato avvistato in quella zona, particolarmente frequentata da surfisti.
Da qui la scelta del Governo di intervenire – seppur a diverse ore di distanza dal fatto – e posizionare le reti di cattura. E, in effetti, un esemplare di squalo bianco (specie inserita nella Lista Rossa IUCN) ha perso la vita impigliato nelle reti. Impossibile, però, dire se proprio questo sia stato lo squalo responsabile dell’attacco.
Psicosi e indignazione
La scelta del Governo di posizionare le reti ha fatto discutere. Sea Shepherd ha criticato il modus operandi del Dipartimento affermando, in una nota, che “Lo squalo è stato lasciato talmente a lungo nelle reti da morire annegato. I funzionari del dipartimento hanno aspettato che facesse buio per trascinarlo fuori dall’acqua e smaltirlo, nascondendosi dalle telecamere”.
Ampio risalto è stato dato alla notizia dell’attacco dello squalo, fomentando la psicosi.
“I nostri pensieri vanno al surfista – ha aggiunto Sea Shepherd – e ribadiamo come ci sia bisogno di dotare tutte le spiagge di un kit di pronto intervento per gli attacchi e offrire corsi di formazione ai surf club e ai frequentatori delle spiagge. Tuttavia, uccidendo uno squalo non si salveranno vite. Non possiamo fermare gli attacchi di squali, non possiamo proteggere ogni persona, in ogni spiaggia, in ogni minuto, in tutta la costa australiana e nemmeno ci aspetteremmo questa protezione in un “ambiente marino”, selvaggio e naturale, ma possiamo fare di più per ridurre al minimo il rischio di incontri non desiderati con gli squali. Il fatto che ci siano pesci-foraggio, balene, orche e squali al largo della costa dell’Australia occidentale è indice di un ambiente marino sano. Negli oceani di oggi questo è qualcosa di raro e unico e merita protezione e riconoscimento a livello globale. Gli oceani sani hanno bisogno di squali e noi esseri umani non possiamo vivere su questo Pianeta con un oceano privo di squali”.
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