Quando frequentavo La Royal Society for the Protection of Birds-RSPB inglese, uno dei loro motti preferiti era il seguente: “Conservation without money is only conversation”. Ovvero in lombardo: “senza danè non si quaglia”.
La disponibilità di risorse finanziarie vale dunque anche per le politiche di conservazione della natura e sembra essersi convinta di ciò anche il Fondo globale per l’Ambiente (Global Environment Facility – GEF), che nella sua ultima assemblea mondiale tenuta a Vancouver nei giorni scorsi ha deciso di istituire il Fondo quadro globale per la biodiversità.
Il GEF funge da meccanismo finanziario per diverse convenzioni ambientali, tra cui la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), la Convenzione di Minamata e la Convenzione sulla diversità biologica (CBD), che ha appunto adottato il Quadro globale sulla biodiversità.
Peralto quest’ultimo strumento finanziario, approvato con un primo budget (tutto sommato molto limitato) di 150 milioni di collari, sarà specifico per finanziare progetti a sostegno della biodiversità, soprattutto in Paesi in via di sviluppo.
Sono, infatti, proprio loro ad avere da un lato la maggiore ricchezza in termini di biodiversità ma al tempo stesso un’insufficiente capacità economica per sviluppare iniziative che la tutelino. Grazie al nuovo fondo si dovrebbe riuscire a migliorare la loro capacità di proteggere, ripristinare e garantire l’uso sostenibile delle risorse naturali, come stabilito attraverso il quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal adottato da 196 Paesi durante la COP15 del dicembre scorso.
Inoltre, un quinto delle risorse del nuovo Fondo sarà destinato a iniziative guidate dagli indigeni per proteggere e conservare la biodiversità nei loro territori. Iniziative che sempre di più incrociano il destino della natura selvaggia con quello delle ultime popolazioni autoctone del Pianeta.
Si tratta quindi di uno strumento operativo importante, ma con dotazioni finanziarie ancora largamente al di sotto di quelle necessarie per affrontare in modo completo ed estensivo a livello planetario la sfida alla perdita costante di biodiversità del nostro pianeta, per il quale servirebbero, secondo associazioni ambientaliste come la Ong statunitense Conservation International, almeno 700 miliardi di dollari!
Le risorse economiche per finanziare e si spera per implementare il Fondo potranno arrivare da molte fonti diverse: non solo i Paesi sviluppati ma anche da filantropi e da organizzazioni o imprese private. I soldi verranno poi convogliati verso i Paesi in via di sviluppo e i piccoli Stati insulari, ovvero verso quelle nazioni maggiormente colpite in modo diretto e sproporzionato dal cambiamento climatico in corso e dalla perdita di biodiversità.
Un piccolo passo, dunque, ma che almeno va nella direzione giusta.
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